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Tempo di ferite e di grandi opportunità

Diventare contemporanei - Christine Gruwez

Cari amici,

l’intenso periodo della Pasqua da poco trascorso ha portato con sé uno splendore di nuova vita. A far brillare ancora tale luce contribuiscono in modo speciale le parole di Christine Gruwez. Qui di seguito pubblichiamo in traduzione il suo articolo comparso sulla rivista Das Goetheanum lo scorso 31 marzo, in occasione del Venerdì Santo.
Pur ispirate dal giorno della Passione, le riflessioni dell’autrice abbracciano un pensiero di assai più ampio respiro. Esse accompagnano il lettore a individuare, e ad apprezzare, le caratteristiche specifiche del nostro tempo, compresa l’esperienza critica che ognuno di noi sta attraversando.
La viva sensibilità per il presente è uno dei più preziosi strumenti di ricerca di Christine Gruwez che cura con particolare attenzione, tra i suoi molti ambiti di indagine, il rapporto dell’uomo con il proprio tempo. Christine è autrice del libro Zeitgenossen werden (Diventare contemporaneiSi può trasformare il male?) in cui affronta le tappe di un percorso interiore grazie al quale l’uomo di oggi diventa attivo testimone del proprio tempo, impara a intenderne la voce e a diventare veramente “contemporaneo”.
Come ci sta parlando il nostro tempo? Con quali risorse la natura umana affronterà la propria evoluzione in questo tempo di ferite e di grandi opportunità per l’anima cosciente?

Buona lettura!
Alessandra Coretti

Wundzeit

di Christine Gruwez, da Das Goetheanum, 31 marzo 2021

Già da oltre un anno è iniziato il Venerdì della Passione. O meglio: è scoppiato, in modo del tutto simile a come scoppia una pandemia. Venerdì di Passione è ogni giorno. Se prima questo accadeva in una o in un’altra parte del mondo, ora qui, ora là, oggi non c’è nessun luogo in cui non sia il giorno della Passione.

Molti elementi invasivi e disturbanti che si sono diffusi insieme alla pandemia nel frattempo sono diventati vita quotidiana. Ma è una vita quotidiana in cui ha luogo, in modo sempre nuovo, una sorta di percorso sul crinale, tra paura e rassicurazione, tra illusione e verità, speranza e disperazione, ribellione e rinuncia, tra il limitare e l’acconsentire. Un sentimento di abbandono si è steso sull’anima come una nube di cenere: abbandono da parte delle autorità, in qualsiasi forma, abbandono da parte di Dio e del mondo divino, abbandono da parte del prossimo e da parte di se stessi, da parte della vita, come era stata prima. A un tratto, ha fatto il suo ingresso un grande senso di mancanza.

Tutto ciò che fino a questo momento avrebbe potuto fornire un contrappeso non è più disponibile in modo diretto, né per il singolo né per la comunità. Vengono a mancare il calore e la prossimità di un incontro, la consolazione di un abbraccio, la piacevolezza di un momento dell’uno per l’altro. Viene a mancare un aperto scambio di sguardi, nel quale si possa vicendevolmente convalidarsi nella propria dignità. Viene a mancare l’epifania del sorriso di una persona sconosciuta. Qualcosa di infinitamente prezioso, che c’era sempre e in modo ovvio, ora si è ritirato. Alla fine, si viene rigettati su se stessi. Si è soli con se stessi, si è esposti alla “nuda esistenza”. La vita viene pure vissuta, ma ha perso il suo splendore. Il vivere si è ridotto al sopravvivere. La “nuda esistenza” viene indicata da Simone Weil come le malheur, la disgrazia per antonomasia.

Vivere è realizzare. È nelle proprie intenzioni che ogni essere umano è in grado di rendersi riconoscibile. Questo significa niente altro che esprimere chi, dal profondo del proprio essere, si vuole diventare. Si tratta della possibilità di “realizzarsi nel proprio essere”. Tale facoltà viene definita potenza. Il proprio essere può giungere a manifestazione attraverso un movimento diretto e ininterrotto della potenza verso la forma, la quale sorge nel processo di realizzazione. Quello che viene definito come “vivere” – nel significato di “vivere veramente” anziché di “sopravvivere” – abbraccia l’intero movimento, dal suo inizio, che è nella potenza quale origine del movimento stesso, fino alla forma finale, nella quale il vivere si esprime.

Divenire impotenti

È proprio a questo punto che si manifesta la vulnerabilità di ogni singolo essere umano. Perché la potenza, nella quale è radicata la sua dignità, è al contempo anche la causa prima della sua vulnerabilità. Il modo in cui egli è in grado di configurare il divenire umano sulla base delle proprie capacità è correlato al modo in cui egli incontra la resistenza del mondo, o al modo in cui il mondo viene incontro a lui. Tuttavia, nel pensiero di Simone Weil, questa condizione di vulnerabilità come condizione dell’essere “consegnati” non è soltanto qualcosa che sorge da interessi di potere politico, o qualcosa che può essere imposto da istanze dominanti, bensì è una componente della natura stessa di ogni essere umano. La vulnerabilità appartiene ad ogni essere umano. Questa condizione, in altre parole, rappresenta un mistero: il mistero della ferita. Simone Weil scrive che il grande enigma dell’esistenza umana non è la sofferenza (souffrance), ma è le malheur.

Il Venerdì Santo ricorre ogni volta che si mostra questa essenziale vulnerabilità dell’essere umano, che consiste nell’essere consegnato alla controforza e al potere del mondo. Venerdì di Passione è poi quando tutto ciò che potrebbe distogliere da questo, creando un pareggio nel corpo e nell’anima, a poco a poco svanisce. L’essere umano viene completamente spogliato della sua umanità. Lo splendore e la varietà di colori della vita gli si sono sottratti. È come quando durante un’eclissi di sole la luce diventa scialba, o quando il giorno, poco prima ancora chiaro, scivola sempre più velocemente nell’imbrunire, così che in un lasso di tempo sempre più breve i colori si stingono e svaniscono uno dopo l’altro, finché la luce si estingue del tutto.

Quello che ancora rimane nel punto più profondo della ferita, che si chiama anche impotenza è soltanto l’essere umano in quanto tale: l’Ecce Homo che proviene dalla ferita originaria.

La ferita resta aperta

Eppure, ciò non ci priva della nostra dignità umana. Nel processo che conduce al punto più profondo, al punto dell’impotenza, riposa una opportunità unica. Non è una via di uscita, ma è una via di entrata. L’importante è riconoscere questa entrata. Essa non debella l’impotenza, bensì conduce a un’apertura, che non dà nessuna garanzia di successo. Il Venerdì della Passione non sta nel segno della vittoria. E nemmeno nel segno di una soluzione, di trovare quanto prima una via di uscita. Il Venerdì della Passione è legato alla possibilità di una redenzione che ancora non è in atto, che soltanto esiste come possibilità radicalmente aperta. Cosa sarebbe infatti un sacrificio, se già in anticipo ci si potesse aspettare un successo. Dove sarebbe la libertà, per la quale oggigiorno tanto si lotta e si invoca senza fare nulla, senza attivarsi. Quella libertà che comunque ci si vorrebbe assicurare da subito. Dove sarebbe l’amore per l’azione.

La via di entrata non può aggirare l’impotenza, bensì conduce proprio attraverso di essa. Nelle parole di Rudolf Steiner: «Poi, quando si prova questa impotenza con sufficiente intensità, allora avviene il ribaltamento» e «…che noi portiamo nella nostra anima qualcosa che in ogni momento può risorgere dalla morte nella nostra esperienza di vita interiore.»[1].

Una cosa è certa: senza il Venerdì della Passione non ci sarebbero il Sabato Santo e la Domenica della Pasqua. Ognuno di essi appartiene agli altri come le tre tavole di un trittico: Passione – Morte – Resurrezione. Solo che, nel momento in cui ha inizio il Venerdì Santo, non si sa nulla delle altre due. E nemmeno si può saperne qualcosa! Il «ribaltamento» non avviene nel giorno del Venerdì Santo – se così fosse, sarebbe una via di uscita e il punto più profondo dell’impotenza non potrebbe venir raggiunto. Quello che però nel giorno della Passione può venir compiuto, sono i passi successivi sulla lunga via verso il divenire uomini. Un divenire uomini nel quale venga incluso tutto ciò che è stato creato e tutte le creature. E un divenire uomini nel quale le molte offese, che infliggiamo ai nostri simili e agli esseri viventi attorno a noi, possano a poco a poco unificarsi nella ferita primordiale dell’umanità. Il Venerdì della Passione sta nel segno del divenire uomini. La ferita resta aperta, ma la natura umana viene trasformata nel suo essere. È nata più umanità. C’è più Uomo.

In effetti: oggi tutto è Venerdì di Passione.

Traduzione di Alessandra Coretti

Christine Gruwez

Belga, insegnante Waldorf, scrittrice.
Nata nel 1942 a Kortrijk, nelle Fiandre (Belgio), ha studiato filosofia e linguistica all’Università Cattolica di Leuven. Ha incontrato l’antroposofia attraverso la scuola Waldorf di Anversa, dove i suoi quattro figli hanno frequentato e dove ha lavorato come insegnante.
Dopo aver studiato il linguaggio e i testi del manicheismo, si è posta una domanda chiave nella sua vita: come possiamo realizzare oggi ciò che il manicheismo ha iniziato nella storia umana? Christine ha seguito la storia del suo fondatore Mani e delle sue comunità in tutto il lontano e vicino Oriente, dai Balcani al Nord Africa, Iran, Uzbekistan e Tajikistan, lungo la via della seta fino alla Cina

Viaggia da più di vent’anni nel Medio Oriente e nell’Iran. Tiene seminari in tutto il mondo su temi di attualità, sul dialogo tra le religioni e le culture e sul Manicheismo come reinterpretato da Rudolf Steiner. Attualmente la sua attività si svolge prevalentemente  all’Emerson College in Inghilterra, al Goetheanum in Svizzera e in Giappone.
Un principio che guida Christine Gruwez è la convinzione che l’essere umano sia in grado di plasmare la propria vita a propria immagine. L’ispirazione per quest’idea le viene dal “Discorso sulla dignità dell’uomo” di Giovanni Pico della Mirandola e da “La Filosofia della Libertà” di Rudolf Steiner

Tra i suoi lavori possiamo trovare:
L’impulso della libertà nell’Islam (The impulse of freedom in Islam)
Mani e Rudolf Steiner. Il manicheismo, l’antroposofia e il loro incontro nel futuro (Mani and Rudolf Steiner. Manichaeism, anthroposophy and their meeting in the future)
Diventare contemporanei. Si può trasformare il male? (Becoming Contemporary: How to Metamorphose Evil)

Christine Gruwez

Christine Gruwez

 

[1] Rudolf Steiner – O.O. 182 – Zurigo, 16 ottobre 1918.