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Peter Selg – Sulla speranza e sulla fiducia nel futuro (parte 1 di 2)

Cielo stellato - Emil Nolde

Immagine: Cielo stellato – Emil Nolde

Conferenza via zoom del 14 dicembre 2021, un resoconto da vicino (di Alessandra Coretti)

Prima parte

Cari amici,

in occasione dell’inizio di questo nuovo anno vorremmo condividere con voi la traduzione, in parte sintetizzata, della densa e importante conferenza che Peter Selg ha tenuto lo scorso 14 dicembre, dedicata alla speranza e alla fiducia che possiamo nutrire come esseri umani di questo tempo. Ha trattato il tema in relazione alla biografia di Rudolf Steiner, in relazione al periodo storico che stiamo vivendo e in rapporto al particolare periodo dell’anno che precede il Natale e l’inizio dell’anno nuovo.

Vi proporremo il lavoro in due parti, che usciranno nel presente notiziario e nel prossimo. In questa prima parte troverete un’invocazione a Michele Sieghafter Geist (Spirito vittorioso) tratta dall’O.O. 268, trascrivo il testo tedesco (e quello tradotto) per chi gradisse l’originale:

Sieghafter Geist
durchflamme die Ohnmacht
zaghafter Seelen.
Verbrenne die Ichsucht,
entzünde das Mitleid,
dass Selbstlosigkeit,
der Lebensstrom der Menschheit,
wallt als Quelle
der geistigen Wiedergeburt.

Spirito vittorioso
infiamma l’inerzia
di anime titubanti.
Incenerisci l’egoismo,
accendi la compassione,
perché la generosa rinuncia di sé,
il flusso di vita dell’umanità,
avanzi come fonte
della rinascita spirituale.

Con queste splendide parole vi saluto, augurandovi di cuore un buon Anno Nuovo!

Alessandra Coretti

 

Nella cornice del ciclo di conferenze online organizzato dall’Allgemeine anthroposophische Sektion del Goetheanum nelle settimane che hanno preceduto le Notti Sante del 2021, il 14 dicembre ha preso la parola Peter Selg sul tema delle forze della speranza e della fiducia.

«All’inizio del XXI° secolo siamo giunti a una situazione mondiale che è caratterizzata dai più grandi problemi di civilizzazione, in chiave sociale e in chiave storica universale» esordisce il relatore. «Mai c’era stato un divario tale tra ricchi e poveri, mai il dominio del mondo era stato nelle mani di così pochi uomini, uomini e imprese ricchi in modo inimmaginabile; mai la distruzione della natura si era spinta tanto avanti come oggi, mai prima d’ora la biosfera era stata a tal punto danneggiata, mai erano scomparse irrimediabilmente così tante specie animali (la stima è di 200 ogni giorno); mai ci sono state così tante persone psichicamente malate, e molto, molto altro ancora. Nel 1924 Rudolf Steiner affermò che alla fine del XX° secolo l’umanità sarebbe stata davanti alla tomba di ogni civiltà – oppure all’inizio di una nuova epoca micheliana».

L’anno che stiamo per lasciarci alle spalle ci invita a interrogarci seriamente di fronte a questo bivio, ricordando che nella prospettiva di Rudolf Steiner non era ancora definita la risposta a tale domanda decisiva. «Tuttavia, di fronte all’immensa potenza dei problemi globali, emerge sempre più la tendenza a cedere. E anche in ottica antroposofica, se si ripensa alle grandi speranze che Rudolf Steiner nutrì per il Goetheanum, per la Società antroposofica, per la possibilità che in breve tempo milioni di persone sarebbero diventate portatrici di una nuova scienza spirituale, impegnandosi a trasformare tutti i campi di vita sulla terra in questo difficile confronto tra le forze di Michele e di Arimane – come lui le chiamava -, è naturale chiedersi, quasi cento anni dopo il Convegno di Natale, quanto ci sia riuscito di fare».

Cento anni fa, in occasione del suo sessantesimo compleanno il 27 febbraio del 1921, Rudolf Steiner ricevette in regalo un libro edito dal teologo protestante Friedrich Rittermayer, un libro che tentava di tracciare un bilancio del lavoro della sua vita e che si intitolava L’opera di Rudolf Steiner – Una speranza per una nuova cultura. La speranza è un elemento fortemente presente nell’antroposofia. A fine agosto 1921, al suo articolo che apriva la nuova rivista settimanale Das Goetheanum Rudolf Steiner diede il titolo: La situazione del mondo nel presente e la formazione di nuove speranze – un tema, quest’ultimo, che caratterizza profondamente tutto il suo lavoro di quell’anno, e che si rivela quantomai urgente anche per noi oggi.

Attualmente, in Germania, in Svizzera e in Francia l’antroposofia è bersaglio di pesanti attacchi di carattere diffamatorio da parte della stampa, indirizzati contro la sua Società che viene definita decadente e oscura. Rudolf Steiner era invece dell’idea che il compito dell’antroposofia fosse quello di immettere forze di resurrezione nella civiltà moderna, e di essere una corrente di speranza per l’umanità; essa era chiamata a “portare una disposizione interiore pasquale nella visione del mondo che è propria dell’umanità”, una disposizione, cioè, che abbia superato il processo di morte e che contempli l’immagine dell’uomo e del mondo destati a nuova vita dopo una sorta di declino. Come è approfondito nelle ultime opere di Sergej Prokofieff, Rudolf Steiner affermò anche che per gli uomini del XX° secolo fosse possibile un accesso alla coscienza del Cristo (che in passato era nascosta), in forma di coscienza di resurrezione. Egli nutriva la certezza che l’antroposofia permettesse all’uomo di trovare una relazione del tutto nuova con la vita: «egli voleva che da noi si sprigionassero e irradiassero forze che sono davvero di speranza, di più: forze di speranza per un futuro che ancora non è qui». Questo non è affatto semplice, soprattutto ora, quando gli uomini vedono il futuro come una minaccia e lo temono. Lo scoppio della pandemia ha comportato il tramonto del mondo che conoscevamo prima, un mondo mobile, facilmente accessibile e fiducioso. «Molti hanno l’impressione che tutto peggiorerà ulteriormente, hanno l’impressione che tutto diminuisca, che venga sottratto qualche cosa senza che al suo posto arrivi alcunché di nuovo. Tuttavia, ciò che ancora non è qui non può nemmeno venir afferrato: appartiene infatti al mistero del futuro proprio il fatto che esso non è un passato. E la domanda rispetto alla speranza è se noi siamo in grado, almeno in una certa misura, di accogliere questo indeterminato, qualcosa che ancora non è, di accettare il futuro e di permettergli di essere diverso dal passato. Rudolf Steiner spesso ha parlato di ciò che ci impedisce di dispiegare un tale ottimismo rispetto al futuro, e ciò sarebbe una certa titubanza dell’anima, una certa titubanza spirituale. In un’occasione parlò anche di una inconscia codardia spirituale.

Gli uomini sono stati attaccati dal materialismo del XIX° secolo nella loro immagine di sé, nel rapporto con le proprie facoltà del pensare, del sentire e del volere. In tutti noi, nati nel XX° secolo, nelle forze dell’anima è presente un elemento che minaccia quelle stesse forze, o quantomeno le indebolisce.

Sappiamo che noi tutti, benché non siamo giunti sulla terra come uomini scettici, abbiamo imparato a dubitare, e che nell’ambito del sentire si sono immesse con forza distanza e antipatia. E lì, dove di fatto la volontà verso le forze del coraggio dovrebbe portarci ad avanzare nell’evoluzione, è stata posta invece un’enorme pavidità.

Di fatto, nel XIX° secolo le stesse forze animiche del pensare del sentire e del volere non solo si sono tinte di materialismo, ma si sono anche allontanate dalla loro portata cosmica. Ed è di certo un compito centrale dell’antroposofia quello di risollevare le forze dell’anima dell’uomo. Questo processo inizia molto presto, nell’infanzia, nel momento in cui cerchiamo di impartire un’educazione che non sia determinata dalle forze dello scetticismo, del dubbio, dell’antipatia e della pavidità. Si può così effettivamente essere dell’opinione che la Filosofia della libertà, pubblicata da Rudolf Steiner nel 1893/94, sia davvero un testo centrale per la formazione interiore, per sussistere come uomini nel XX°, nel XXI° secolo e nel tempo che seguirà: è un libro straordinariamente incoraggiante».

Michael Bauer definì l’antroposofia come “uno straordinario sforzo di incoraggiamento dell’uomo”. Si può avere l’impressione che l’incoraggiamento dell’uomo, come grande motivo di vita per Rudolf Steiner, dal punto di vista testuale abbia avuto il suo esordio proprio con questo libro, che come nessun altro dei suoi scritti insegna come l’uomo sia un essere che è in grado di fronteggiare le situazioni in cui viene collocato nella vita, un essere che è in grado di perseguire una conoscenza situazionale della verità, un essere, cioè, che può rispondere alle situazioni – anche al Covid – poiché noi veniamo posti in situazioni che dobbiamo affrontare, che possiamo affrontare, o imparare a farlo. L’uomo è in grado di gestire la propria responsabilità, può avere un’intuizione di ciò che debba fare, e può mettere questa coscienza intuitiva alla base del proprio agire – spesso è necessaria molta fantasia per poter diventare attivi in tali situazioni difficili, ma la Filosofia della libertà in questo senso è davvero un libro di formazione, al quale ne seguirono altri per l’abilitazione dell’uomo.

La via micheliana è però sempre un percorso che attraversa le profondità dell’anima, nel tentativo di illuminarle e di renderci uomini liberi. Tale via non segue dunque ispirazioni momentanee, o impulsi che in molti casi sono reazioni spontanee e non sono vera conoscenza intuitiva.

Il potenziale distruttivo del nostro presente è immenso e indubbio, «tuttavia, di certo nel XX° secolo sono comparse personalità nuove – e non intendo solo straordinarie personalità di spicco ma anche molti giovani, anche al giorno d’oggi –, giovani da tutti i continenti che hanno portato con sé qualcosa di totalmente nuovo in questo mondo sventurato. Nelle Massime Rudolf Steiner descrive questa novità come il fenomeno per cui sempre più uomini faranno dell’elemento solare della propria anima la loro stella guida. Far risplendere l’elemento solare della propria interiorità, non essere più sedotti dall’esterno, per volere di autorità, di stati, o di altre forme di governo, bensì imparare a riconoscere il proprio essere come guidato dal Sole.

Nel XX° secolo è accaduto qualcosa di sorprendente: abbiamo un XX° secolo totalitario dietro a noi, e siamo approdati ora nell’epoca totalitaria del XXI° secolo, eppure vale il fatto che questa via di pensiero vitale e spiritualizzata, che Rudolf Steiner descrisse nelle Massime, sia diventata una stella già per molti uomini, anche senza che conoscessero questo libro. In questo senso un organo centrale è il cuore, del quale Rudolf Steiner parlò così spesso, e che forse nel periodo di Natale può fare delle esperienze particolarmente profonde, se si segue il Calendario dell’anima. Karl König produsse uno studio molto bello sulla ricorrenza del motivo del cuore nelle settimane del Calendario dell’anima: si ha l’impressione che in esso venga indicato come preparare il cuore, come approntare la luce del cuore, di questo organo micheliano centrale.

Dal cuore si deve passare alla volontà: dalla spiritualizzazione della volontà dipende quasi tutto, dipende il fatto che noi siamo in grado di agire con amore, di vivere con amore per l’azione. “Sii un uomo pieno di iniziativa” – come si legge nei Nessi karmici (O.O. 237, 4.8.1924) –, è scritto nel destino di ogni antroposofo, affinché diventi al contempo un aiutante di Michele. Perché Michele, come spirito del tempo, non può agire da sé e ha bisogno di uomini che siano capaci di accogliere nella propria interiorità grandi obiettivi, elevati obiettivi dell’anima».

Il 2021 è stato un anno molto difficile per l’umanità, in Europa e ancor più negli altri continenti. Lo sforzo di tenere in piedi la vita in condizioni difficili ha infatti impegnato e logorato gli uomini. E che ne è allora degli elevati obiettivi dell’anima, delle parole d’amore del cosmo? E della volontà dei mondi, che aspetta di essere accolta nella nostra volontà? Con queste domande, e ancor più in condizioni esteriori di forte limitazione, molti di noi quest’anno si sono concentrati sull’Immaginazione di Michele di Rudolf Steiner. Le prossime settimane rappresentano un momento speciale e saranno molto significative in questo senso; Prokofieff e altri hanno dedicato testi fondamentali alle dodici Notti Sante, alle possibilità che esse offrono, con riferimento anche alla parola d’amore, all’imparare a percepire in modo cosmico.

Il cuore è dunque un organo che in questo momento particolare dell’anno può udire? Saranno possibili nuovi inizi? Con il primo giorno di gennaio inizia sempre un anno nuovo, ma riusciremo noi uomini a mettere veramente in atto un’iniziativa (“sii un uomo con iniziativa…”) o di fatto, prima di tutto, a essere veramente umani (“sii un uomo…”)?

«Nell’essere umano è iscritto fin dalla nascita un elemento che è sempre intento a iniziare, che è possibile sempre e dappertutto. Le notti sante alle quali ci stiamo avvicinando, la festa del Natale del cuore, in questo senso sono settimane cosmiche, giorni nei quali può realizzarsi qualcosa – naturalmente nulla di grande, ma nuovi germi possono sorgere in tutti noi. La volontà è qualcosa che ha molto il carattere di un germe. … La volontà non realizza mai completamente la sua opera sulla terra, essa resta sempre, fino all’ora della morte, una forza che inizia qualcosa. Nella volontà vive questo elemento che inizia, questa potenza del divenire, questo mondo che diviene, una fonte di amore, una fonte di futuro».

E, secondo Rudolf Steiner, il futuro inizia là dove è la speranza. Dunque, non nel sistema neuro-sensoriale che rispecchia il mondo già divenuto e produce rappresentazioni, senza poter rappresentare il mondo intento a divenire. All’inizio della sua Arte dell’educazione Rudolf Steiner descrive il “poco reale” proprio della vita di rappresentazione e il “sovra reale” proprio della vita della volontà, e in mezzo pone il cuore con il sistema ritmico. «Dov’è allora il futuro, e di conseguenza la speranza? Il futuro è fortemente ancorato nella vita della volontà, e assai poco nella vita di rappresentazione. Ecco perché le persone che vivono particolarmente nella vita di rappresentazione tendono tutte a una certa depressione. Nella vita di volontà si può sopravvalutarsi, si può essere euforici, innamorati del futuro, si può traballare, ma è sempre presente quella forza, la forza interiore dell’anima».

Selg racconta che quando scriveva la biografia di Rudolf Steiner si era chiesto quale fosse la caratteristica più notevole di quella vita (oltre alla sua capacità di visione spirituale, naturalmente): «Dal punto di vista umano, mi ha prima di tutto impressionato il coraggio di Rudolf Steiner, il fatto che egli si volgesse sempre al futuro. Un immenso coraggio nei confronti del futuro. Se Michael Bauer definì l’antroposofia “uno straordinario sforzo di incoraggiamento dell’uomo”, ci fu uno che la anticipò, da quella piccola stazione a Kraljevec dove era nato in condizioni assolutamente umili. Questo avanzare di Rudolf Steiner, questo suo instancabile andare sempre avanti mi ha impressionato, con il suo coraggio di percorrere vie non convenzionali». Fu non convenzionale, infatti, tutto ciò che egli intraprese fin dai primi anni di attività – dal non comune sforzo conoscitivo e scientifico delle sue prime dissertazioni, alla prospettiva inedita degli scritti dedicati a Goethe, alla sfida della Filosofia della libertà: «è sempre straordinariamente coraggioso e originale il fatto che Rudolf Steiner nuotasse non soltanto controcorrente, ma contro tante correnti», osserva Peter Selg.

Fu poi “straordinariamente coraggioso” entrare in modo “così frontale” nella Società teosofica, e altrettanto coraggioso fu uscirvi per fondare la Società antroposofica. Un fatto eccezionale fu poi la costruzione del Goetheanum tra Dornach e Arlesheim, dei piccoli paesi, in un luogo in cui mai ci si sarebbe aspettati di veder realizzato un progetto di tale portata e originalità. Ma anche in Svizzera Rudolf Steiner era straniero: «come sempre e dappertutto, fin dalla nascita, egli era straniero di per sé. In un certo senso, come affermò Christian Morgenstern, Rudolf Steiner rimase un ospite del suo tempo. Non era mai stato del tutto a casa propria, per così dire non ha mai più visto la patria, se non nei paesaggi familiari, ma il fatto che gli uomini possano semplicemente ambientarsi nella loro cosiddetta patria, Rudolf Steiner lo ha descritto come un tempo che volgeva al suo termine. Si può certo trovare una patria, ma non è più nazionale. Si tratta piuttosto di una condizione di cosmopolitismo, in cui si è in viaggio. Di fatto si tratta anche di essere ospiti: di accogliere altri ospiti sapendo di essere ospiti a propria volta».

E continuò sempre così per Rudolf Steiner. Quanto fu originale introdurre l’idea rivoluzionaria della triarticolazione sociale, che avrebbe potuto modificare in una sola battuta la vita economica, culturale e giuridica delle società del XX° secolo! O la creazione della scuola Waldorf, che gli costò feroci attacchi da parte di esponenti politici (soprattutto della destra nazionalista) che lo accusavano di volersi staccare dall’apparato statale. E poi l’edificazione del secondo Goetheanum dopo la distruzione del primo.

Guardando i fatti in modo retrospettivo, non si può che constatare che la sua idea di triarticolazione sociale aveva scarsissime possibilità di successo. Commentando quella evidenza, però, egli disse: «Si deve avere il coraggio di pensare di essere veramente in grado di realizzare ciò che si ritiene sia la cosa giusta. Io considero autoannientamento quando qualcuno dice: abbiamo idee che si possono realizzare, ma non ci credo». Selg aggiunge: «Per Rudolf Steiner autoannientamento significava la dissociazione del nucleo del proprio essere dalle proprie idee sul piano del credere, cioè del ritenere possibile che la cosa possa riuscire. “Autoannientamento”, una sua grande parola, la più terribile che ci si possa immaginare, peggiore anche di “suicidio”. Egli ha definito come autoannientamento il dubbio se le idee che riteniamo giuste e che consideriamo realizzabili – perché appartengono alla realtà – potrebbero verificarsi, il dubbio se quelle idee siano praticabili. Il sé in un certo senso si annulla quando definisce le proprie idee come pure idee di pensiero senza probabilità o possibilità di realizzazione, quindi, come idee ipotetiche che in principio sarebbero giuste, eppure non giungeranno mai a compimento. Un postulato del genere a priori, per lui, significava autoannientamento».

Il 20 settembre 1919 (nel giorno in cui ricorreva la posa della pietra del primo Goetheanum del 1913) egli scrisse l’invocazione Sieghafter Geist (Spirito vittorioso) dedicata a Michele (O.O. 268 Mantrische Sprüche. Seelenübungen Band II 1903-1925)

Spirito vittorioso / infiamma l’inerzia / di anime titubanti. / Incenerisci l’egoismo, / accendi la compassione, / perché la generosa rinuncia di sé, / il flusso di vita dell’umanità, / avanzi come fonte della rinascita spirituale.

«Quelle parole» spiega Selg «trattano dell’infiammare l’inerzia propria delle anime titubanti, del superamento dell’egocentrismo e dell’egoità, e dell’accensione della compassione affinché possa farsi strada una nuova corrente. Riguardo alla titubanza – anche con riferimento alla fiducia che le idee, riconosciute come vere, siano realizzabili, che possa giungere quel tempo e che noi lavoriamo perché esso giunga –, la sfiducia è davvero molto pericolosa: essa non è solo discreto scetticismo, bensì è un rilevante dubitare di sé e del mondo, un dubitare che ha la tendenza a trasformarsi in autoannientamento. Ciò è fortemente collegato alla questione dell’egoità. In questi versi Rudolf Steiner insegna che tale titubanza può venir superata mediante un processo legato al fuoco: “infiamma l’inerzia di anime titubanti, accendi la compassione” – si tratta di processi che fanno riferimento al fuoco, finché poi arriva il flusso di vita dell’umanità, la generosa rinuncia di sé.

Gli uomini del XX° e XXI° secolo – su questo insiste Rudolf Steiner – subiscono un attacco nel loro più intimo nucleo da parte di tale dubbio di sé, del mondo e del futuro. La mancanza di speranza in loro è in certo modo innata, in forma di perdita del collegamento con ciò che nella loro vita della volontà di fatto è già l’aurora del futuro. In una delle lezioni esoteriche Rudolf Steiner disse che in noi il futuro è già presente come aurora. Esso è dunque già qui – non nel senso di “io sono il futuro”, ma perché noi come esseri umani siamo portatori di una qualità propria dell’aurora, in particolare nell’organizzazione della nostra volontà. Separare l’essere umano da questa aurora è qualcosa di fatale. L’essere umano è per sé portatore di speranza, in certo modo egli vive la speranza. Essa è addirittura inscritta fin nel suo corpo fisico; tuttavia, egli può separarsi da essa, può venir separato da essa.

Per quanto mi è dato di sapere, nella vita di Rudolf Steiner questo non è mai accaduto».

È impressionante ripensare alla lunga serie di rovesci della sorte che Rudolf Steiner dovette reggere. «Si potrebbe scrivere la storia dei successi dell’antroposofia, ma una rassegna dei suoi molti fallimenti sarebbe tanto più convincente», osserva Selg. Se consideriamo ancora la vita di Rudolf Steiner, constatiamo che la sua produzione scientifico-conoscitiva non ebbe mai successo: la sua prima dissertazione non ebbe risonanza; Filosofia della libertà fu venduta in sole 400 copie; il lavoro di ricerca su Goethe prodotto a Weimar venne sostituito da studi considerati migliori. L’impegno di Rudolf Steiner con letterati e filosofi per una nuova cultura a Berlino intorno al 1900 non diede frutti; la sua speranza di creare in grande stile internazionale un movimento filosofico occidentale di scienza dello spirito non si realizzò mai, e la Società teosofica, nonostante anni di lavoro presso di essa, rimase sempre una setta. Come è noto, egli investì poi moltissimo nella Società antroposofica «ma può diventare un duro autoesame chiedersi che cosa sia riuscito di quanto egli si aspettava da essa». Un altro grande fallimento fu la triarticolazione sociale, e molti ancora seguirono.

«Sì – disse una volta Rudolf Steiner – vediamo morire alcune speranze, alcune aspettative. Ci si potrebbe allora chiedere perché nutriamo aspettative e speranze che sono ingiustificate se solo si abbia una visione chiara dell’andamento dell’evoluzione umana. Ma speranze e aspettative sono forze, forze operanti, e noi dobbiamo nutrirle – non per timore che non si realizzino se le trascuriamo, dobbiamo bensì nutrirle perché se le curiamo, sia che si realizzino sia che non si realizzino, operano come forze che diventano qualche cosa. Dobbiamo però saper restare in piedi nel caso in cui esse non dessero frutti…»

Ognuno di noi ha di certo familiarità con un pensiero del genere, ma «meditare questo pensiero» riflette Selg «è qualcosa di immenso: speranza e aspettativa sono forze operanti, e anche se non si realizza ciò a cui sono indirizzate la loro forza non si è sprigionata invano – forse sarà attiva e piena di significato altrove. Rudolf Steiner in tutta la sua vita ha scelto di impegnarsi al massimo in questa direzione».

Fine prima parte – continua

Il primo Goetheanum

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