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“Memorandum – Pasqua 2021″ di Michaela Glöckler e Andreas Neider

Corona Wahn di Stefan Krauch

Per un cambiamento nel modo di pensare nei confronti della politica seguita contro il Coronavirus e della molteplicità di opinioni emerse nella crisi

Traduzione di Stefano Pederiva

La pandemia da Coronavirus è un evento molto complesso non solo sotto il profilo della salute. Cade in un momento di grandi cambiamenti ecologici, sociali e geopolitici, ne è essa stessa parte. Infatti in aggiunta ai pesanti problemi delle crisi climatica, della fame e della povertà nel mondo, oltre ai permanenti conflitti armati, alle difficoltà e ai disagi dei migranti, secondo i dati dell’UNICEF, si sommano altri 130 milioni di persone senza cibo ai 700 milioni di affamati.

La pandemia e il modo per cercare di superarla hanno confrontato la popolazione mondiale con il fatto che molto di ciò che era ovvio, di colpo non lo era più: il recarsi quotidianamente al lavoro, il portare i bambini all’asilo e a scuola, la libertà individuale di movimento, il fare la spesa, la partecipazione ad eventi, a matrimoni, a funerali, a feste di famiglia, alle vacanze e molto altro.
Lo schermo è diventato il centro di incontri e di comunicazioni. La digitalizzazione portata avanti in modo forzato in tutti i campi della vita non viene vissuta solo come una benedizione. Bambini e giovani hanno bisogno per il loro sano sviluppo in primo luogo di esperienze e contatti reali.

Vi si aggiunge la preoccupazione che la tracciabilità sistematica della catena di contagi e delle vaccinazioni possa portare in futuro all’uso sistematico di strumenti di controllo e di sorveglianza ritenuti necessari per la sicurezza nel caso di attacchi terroristici o di pandemie. Come può svilupparsi una futura democrazia in cui la paura della violenza, della malattia e della morte non diventi il nemico dei diritti alla libertà e alla responsabilità della personalità?

Molte persone si chiedono quale sia il futuro che ci aspetta. Quale partecipazione del cittadino è necessaria per mantenere una democrazia valida per il futuro, in una situazione complessiva così cambiata? Come si può coinvolgere anche concretamente la società civile nel processo di un necessario cambiamento nel modo di pensare, anche nei confronti della politica seguita nella pandemia?

Sono poi i bambini e i giovani che risultano i più colpiti in questa nuova situazione. Non sperimentano solo la paura e la preoccupazione degli adulti che hanno intorno, ma anche le loro proprie paure rispetto al futuro, inoltre vivono l’isolamento, talvolta anche un aumento della violenza domestica. Chi si occupa di assistenza psicologica e psichiatrica dei bambini e dei giovani ha i telefoni che continuano a squillare.

Di fronte a questi fatti è comprensibile che la società tenda ad una polarizzazione fra chi giustifica e appoggia la politica attualmente seguita e un numero crescente di cittadini che riescono a farlo in misura sempre minore e che quindi con le più diverse motivazioni si muovono in termini di ostilità. Nascono litigi e conflitti nelle famiglie, col vicinato o nel posto di lavoro. Dopo un anno dalla pubblicazione del nostro primo libro (“Coronavirus: una crisi, come superarla?” Edizioni Arcobaleno), seguito da altre due nostre pubblicazioni, restiamo colpiti dal fatto che il tema venga trattato come un tabù per amore di pace sociale. Questo ci ha anche motivati a prendere in considerazione i diversi modi di pensare che in parte si scontrano tra di loro e che sono a monte della polarizzazione. Infatti a seconda della opinione che una persona ha, questa opinione viene convalidata nelle argomentazioni a favore con fatti e dati, di modo che viene poi meno la possibilità di una reciproca comprensione.

Se si riesce però a seguire il modo di pensare dell’altro si riesce anche a vedere la possibilità di cercare delle soluzioni adeguate ai diversi punti di vista, in questo modo si sollecitano tolleranza e pace sociale. Ne nasce anche una motivazione a prendere insieme delle iniziative, così da trovare delle soluzioni creative per superare i conflitti. Vogliamo presentare cinque approcci di pensiero che hanno portato a particolari polarizzazioni nelle loro conseguenze. Lo scopo del nostro memorandum è di rendere comprensibili questi cinque approcci e contribuire così ad un dialogo costruttivo.

I – Quale modo di pensare sta a fondamento delle misure concordate in tutto il mondo per combattere con successo la pandemia?

Si tratta del modo di pensare della moderna scienza della natura. Parte dal presupposto che il Covid-19 sia una grave e contagiosa malattia virale non paragonabile alla influenza stagionale. Nella memoria di miliardi di uomini si sono impresse immagini di terrore per il gravissimo e mortale decorso e per le relative bare. Gli interventi fatti seguendo questa impostazione da parte dei governi e dell’OMS sono chiari: il virus va drasticamente combattuto. Risulta anche chiara l’argomentazione: il sistema sanitario sarebbe quanto prima sovraccarico e quindi incapace di assistere tutti i malati, se la pandemia non venisse affrontata, al di là delle note misure igieniche come la distanza sociale, l’uso delle mascherine e la pulizia delle mani, con interventi drastici come il lockdown e il divieto di uscire di casa. Sono particolarmente a rischio persone con patologie pregresse o avanti con gli anni, per cui necessitano di una protezione particolare.

Le conseguenze di questa impostazione di pensiero è di fare tutto il possibile per spezzare la catena di contagi, per prevenire i decorsi gravi, per sviluppare vaccini efficienti e per preparare la popolazione ad una vaccinazione di massa ritenuta inderogabile. Questo modo di affrontare il problema è in sé coerente, le curve di contagio di sette giorni valgono come criterio di riferimento. Cifre chiare e fatti costruiti su evidenze statistiche determinano il procedere e risultano convincenti per la massa, grazie anche ad un’ottima comunicazione dei media.

Danni collaterali sociali, culturali ed economici, dolorosi anche a livello personale, mostrano però con chiarezza la misura della intensa sofferenza che questi interventi comportano a seguito di un pensare unilaterale. Anche i numeri del RKI (Istituto Robert Koch) e dell’OMS dimostrano che un buon 20% di chi risulta dai test positivo al contagio, è privo di sintomi e la maggioranza dello scarso rimanente 80% contagiato soffre di sintomi leggeri o di media rilevanza. In questa ottica si presenta come indispensabile prendere in considerazione altre prospettive e stimolare una discussione su come valorizzarle, così che ne emergano delle opzioni operative meno dannose.

II – L’approccio di pensiero salutogenetico si chiede: perché non si ammalano tutte le persone contagiate e fra quelli che si ammalano perché non tutti si ammalano in forma grave? Che cosa tiene in salute l’uomo?

Per comprendere la salute serve un modo di pensare complesso. La salute è il labile stato di equilibrio fra i fattori che possono danneggiare l’organismo e le possibilità di rigenerazione e le forze di resistenza, oggi riunite nel concetto di immunocompetenza. Seguendo questo approccio di pensiero il virus non è l’unica causa della pandemia, ma vi è anche la ricettività dell’organismo per il virus. Dipende da quest’ultima il maggiore o minore sviluppo dei sintomi patologici. Le cifre attuali sui contagi dell’OMS e del RKI (al 21 di marzo 2021) evidenziano la cosa:

sulla terra vivono oggi 7,87 miliardi di uomini,
di questi sono stati testati come positivi 122.542.424 = 1,58%,
dei contagiati sono morti 2.703.620 CFR = 2,21% (CFR=Case-Fatality-Rate),

Un confronto fra Germania e Brasile:
abitanti 83 milioni (Germania)  –  abitanti 211,8 milioni (Brasile)
testati come positivi 2.659.516 = 3,2%,  –  testati come positivi 12,5 milioni = 5,9%
di cui deceduti 74.664 CFR = 2,8%  –  di cui deceduto 312.206 CFR = 2,5%

Queste cifre mostrano che il 21 di marzo 2021 dei 7,87 miliardi di uomini sono stati denunciati come positivi 122,5 milioni e di questi sono deceduti (CFR) il 2,2%. Nella stessa giornata in Germania il RKI ha dichiarato come positivi 2,66 milioni di persone, cioè il 3,2% della popolazione complessiva di 83 milioni. Di questo 3,2% sono deceduti (CFR) il 2,8%.

Al confronto i numeri del Brasile: il 30 marzo ha 2,5% (CFR) di deceduti. Anche se al momento il numero di morti è in Brasile fra i più alti, rispetto al numero di abitanti sono nella media meno di quelli della Germania. Per quest’ultima risulta che l’89% aveva più di 70 anni, spesso con malattie pregresse. Se ne trae che vi è una immunocompetenza limitata o ridotta per l’età.

Questo significa che più è robusto il sistema immunitario con le conseguenti possibilità di difesa del corpo, tanto minore è il pericolo di ammalarsi. Di fronte a queste cifre è comprensibile che molti cittadini, ma anche esperti, vivano la gestione della pandemia da parte dei governi come spropositata, chiedendosi per esempio: perché non si investe di più nel sistema sanitario e nella formazione di personale e di medici specializzati per poter garantire un’assistenza ottimale? Non risulta a questo punto necessario un cambiamento nel modo di pensare così da abbandonare negli ospedali la logica del profitto e favorire invece le esigenze dei pazienti? Perché non proteggere i gruppi a rischio mettendo a disposizione mascherine FFP2 e protezioni efficaci per chi va in visita agli anziani?

Perché nelle aziende, negli asili e nelle scuole non si mettono a fuoco localmente, insieme ai cittadini, delle valutazioni dei rischi considerati non solo nell’ottica che in teoria la malattia può colpire tutti, ma che vi è anche la probabilità molto più alta che la maggioranza resti sana? Specie nei bambini e nei giovani, molto raramente il decorso è grave e porta a delle complicanze.

III – L’approccio di pensiero psicoimmunologico: quale ruolo ha la paura della malattia e della morte? Che cosa dà coraggio, speranza e fiducia?

Già durante il primo lockdown, in un commento di Dieter Fuchs sul giornale di Stoccarda del 17 aprile 2020, si leggeva: “11,4 milioni di famiglie con minorenni vengono costrette ad organizzare in un qualche modo l’attività lavorativa, l’insegnamento e la cura dei bambini, largamente isolati dagli altri che potrebbero portare aiuto (…) ignorando i loro diritti fondamentali alla formazione, alla libertà e allo scambio sociale. Un società che per mesi accolla questi pesi a genitori e bambini ne dovrà affrontare gli ingenti costi”.

Le voci che mettono in guardia crescono in modo esponenziale. Ma anche gli adulti pagano un prezzo elevato. Aumentano le depressioni, le malattie croniche peggiorano. La paura della malattia e della morte, la preoccupazione per la propria esistenza, per il posto di lavoro, per la sopravvivenza economica, per minori possibilità di formazione, tutto questo ci colpisce nel nostro sentire. Che cosa vi si può contrapporre?

Perché nei media, in parallelo ai numeri quotidiani relativi ai contagi e ai morti, non vengono messi in evidenza fatti e dati che danno coraggio e possono rafforzare il sistema immunitario? All’inizio della seconda ondata di pandemia, in autunno, l’internista specializzato in medicina intensiva Harald Mattes, professore alla Carité di Berlino e fra i responsabili del “Krankenhaus Havelhöhe”, aveva sollecitato di abbandonare l’idea di una “gestione di crisi” sostituendola con quella di un “operare per stratificazione di rischio”. Perché non vi sono delle tavole rotonde dove poter discutere proposte di questo genere, mettendo poi in pratica possibilità creative in condizioni controllate? Vi sono interessanti inizi che si stanno verificando con la terza ondata. Come si rafforza la responsabilità individuale dei cittadini per la propria salute?

La ricerca sulla salute e la resilienza degli anni settanta ed ottanta, come pure gli studi della psiconeuroimmunologia, hanno dimostrato in modo esauriente come sentimenti negativi quali stress, paura, incertezza, senso di impotenza, preoccupazioni permanenti e disperazione, pregiudichino, anzi danneggino il sistema immunitario. Di contro sentimenti positivi come coraggio, speranza, fiducia, vicinanza umana, lo rafforzano. Del resto è noto come preghiera e meditazione suscitino proprio in periodo di crisi sentimenti positivi con un’azione stabilizzante.

IV – L’approccio di pensiero relativo ad una democrazia di base: autonomia, partecipazione e corresponsabilità

Quando il noto esperto americano di computer Joseph Weizenbaum nell’anno di George Orwell, cioè nel 1984, era in Germania per delle conferenze e delle interviste, gli venne anche chiesto se il computer portasse ad uno stato di controllo generalizzato. Non poté che confermarlo dicendo che il suo lavoro di ricerca e di sviluppo era stato completamente finanziato dal ministero della difesa americano. Chiarì però poi subito (l’intervista venne pubblicata nel 1984 con il titolo “Rotta verso l’ iceberg – Kurs auf den Eisberg”) che se si fosse giunti ad uno stato che controlla tutto, la colpa non è del computer, ma degli uomini che non difendono la libertà. Hitler e Stalin hanno dimostrato che lo stato controllore non dipende dal computer.

I sistemi democratici per restare funzionanti hanno bisogno da un lato dello “stimolo della libertà” (Novalis), ma anche della gioia per il dialogo con chi la pensa in modo diverso, per le tavole rotonde, per dei forum popolari, per una onesta cultura del dibattito. Quali sono le condizioni perchè la formazione e l’educazione possano sviluppare queste capacità?

Esperti di formazione come Gerald Hüther affrontano da tempo domande di questo genere. Nel suo libro sulla dignità sollecita una educazione che aiuti bambini e giovani a sviluppare una consapevolezza della dignità umana e della libertà. Ma come si riesce a farlo se le norme e la regolamentazione previste dallo stato aumentano invece di diminuire? Questo a prescindere dalle pressioni aggiuntive per adattarvisi, che vengono esercitate nella attuali condizioni di pandemia sui bambini e sui giovani. E’ evidente che per questa area servono molta sensibilità e apertura al dialogo per concordare fra i pedagoghi responsabili e i genitori, per quanto riguarda asili e scuole, un operare nel senso di rischi stratificati. A maggior ragione ben venga ogni sforzo locale, perché il periodo scolastico è un tempo prezioso.

V – Approccio di pensiero spirituale e la questione della concezione del mondo

L’antroposofia fondata da Rudolf Steiner ha dato validi contributi in campo agricolo, medico, sociale e pedagogico, oltre che in campo economico, e questo non solo in Germania, ma in tutto il mondo. Anche se c’è rispetto e riconoscimento per queste prestazioni, la “visione spirituale d’insieme”, cioè l’approccio di pensiero spirituale indicato da Rudolf Steiner come “scienza dello spirito”, trova scarsa comprensione.

Certamente con il modo di pensare materialistico delle scienze naturali oggi dominante, non vi è posto per una scienza dello spirito come viene rappresentata dall’antroposofia. Ma de facto per il proprio pensare ed agire non è indifferente l’immagine che si ha dell’uomo. Chi si rappresenta l’uomo come una macchina o un animale intelligente, piuttosto che come un essere spirituale che si incarna sulla terra per conquistare individualmente libertà e dignità, vive ed agisce comprensibilmente in modo differente. Sviluppare rispetto e tolleranza per tutto ciò è il nocciolo di una cultura umanistica. E’ chiaro che una condizione di pressione, come attualmente con la pandemia, mette in evidenza le differenze legate alla diversa concezione del mondo. Per questo è tanto più importante non trascurare nell’analisi del presente gli aspetti legati alla concezione del mondo, quando ci si sforza di considerare nelle situazioni concrete il modo migliore per procedere, seguendo il motto ricco di ispirazioni “Chi vuole trovi le vie, chi non vuole trovi i motivi”.

Sintesi
I cinque approcci di pensiero qui presentati sono una sollecitazione ad aprirsi, nell’affrontare la pandemia, a modi differenti e interdisciplinari di vedere le cose. Infatti la vita con ciò che ad essa è utile, è un processo complesso. Inoltre non è pensabile uno sviluppo verso libertà e dignità umane senza rischio. Ci si avvicina di più alle reali esigenze della vita se si relativizzano le certezze di una sola verità, cercando un’integrazione dei diversi modi di pensare e delle relative ricadute operative. Così come sono necessarie per la politica chiare cornici operative per arginare la pandemia, altrettanto necessari sono gli incoraggiamenti ad un’assunzione di responsabilità individuale e sociale da parte della popolazione, valutando in loco in modo realistico i veri rischi.

Siamo contenti se appoggerete il memorandum diffondendolo nel vostro ambiente proprio in questo periodo pasquale.
Un cordiale ringraziamento

Michaela Glöckler e Andreas Neider