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Florilegio – Settimana dal 6 al 12 dicembre 2021

A. Vellutello - La croce del cielo di Marte

Immagine: Alessandro Vellutello – La croce del cielo di Marte (1544)

 

Passi scelti, tratti da tre conferenze di Rudolf Steiner

Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri tre e in particolare con il Vangelo di Luca – OO 112

Undicesima conferenza – Kassel 4 luglio 1909

[…] Quando si comprende tutta l’incisività e la forza dell’impulso del Cristo, si arriva alla conoscenza di una grande verità. Bisogna comprendere che nel mondo esteriore, senza l’impulso del Cristo e per effetto dell’isolamento e del distacco degli uomini, per l’opposizione fra di essi, si sarebbe arrivati ad una specie di lotta per l’esistenza, – lotta del resto che viene oggi attribuita anche all’uomo dalla teoria materialistica darwiniana – una lotta per l’esistenza come quella che domina nel mondo animale, ma che non dovrebbe dominare nel mondo umano. Parlando in modo grottesco si potrebbe dire: alla fine della vita terrestre, la terra offrirà l’immagine di un’umanità che viene annunziata da alcuni materialisti nel senso della teoria darwiniana, e che viene tratta dal mondo animale. Oggi questa teoria, applicata all’umanità, è però falsa. Essa è giusta per il mondo animale, appunto perché fra gli animali non esiste l’impulso che trasforma la lotta in amore. Cristo confuterà con la sua azione, quale forza spirituale nell’umanità, qualsiasi darwinismo materialistico!

Ma per comprendere questo, bisogna rendersi conto che gli uomini, per evitare di opporsi esteriormente gli uni agli altri nel mondo dei sensi a causa delle loro diverse opinioni, sentimenti e azioni, devono combattere in loro, devono placare in loro ciò che altrimenti scorrerebbe nel mondo esteriore. Chi anzitutto lotta con ciò che vi è da combattere in se stesso, chi stabilisce l’armonia fra le diverse parti costitutive della propria entità, non lotterà contro l’opinione diversa di un’altra anima. Egli si presenterà al mondo esteriore in modo da non essere un uomo che combatte, ma un uomo che ama. Si tratta dunque di trasportare la lotta dall’esteriore nell’interiorità dell’uomo. Le forze che dominano nella natura umana devono combattersi interiormente. Due opinioni opposte devono essere da noi considerate nel seguente modo: questa è un’opinione – e come tale è ammissibile, l’altra opinione è anche ammissibile; se però io ritengo giusta una sola delle due opinioni, se ritengo giustificato solo quello che voglio e combatto l’altra opinione, stabilisco una lotta sul piano fisico; insistere sulla mia opinione e considerare giustificata solo la mia azione è agire da egoista.

Se invece accolgo in me l’opinione contraria e tento di stabilire in me stesso un’armonia, la mia posizione verso il mio oppositore si trova ad essere del tutto diversa; allora soltanto potrò cominciare a comprenderlo. Deviare la lotta dal mondo esteriore per armonizzarla nelle forze interiori dell’uomo: così si potrebbe esprimere il progresso nell’evoluzione dell’umanità. Per mezzo del Cristo doveva venir data la possibilità all’uomo di diventare armonico, di trovare in sé la possibilità di armonizzare nella propria interiorità le forze che si contrastano. Il Cristo dà all’uomo la forza per smorzare anzitutto la lotta in se stesso. Senza il Cristo ciò non è più possibile. E gli antichi, i precristiani, consideravano con ragione che la lotta esteriore più terribile fosse quella del figlio contro il padre o la madre. Nei tempi in cui si sapeva come le cose si sarebbero svolte senza l’impulso del Cristo, il parricidio era considerato quale il più orrendo e più efferato dei delitti. Questo viene mostrato chiaramente dagli antichi saggi che prevedevano la venuta del Cristo. Ma essi sapevano anche che cosa sarebbe avvenuto nel mondo esteriore, se la lotta non si fosse svolta anzitutto nell’interiorità umana.

 

L’aspetto cosmico della vita tra morte e nuova nascita. Il cammino attraverso le sfere stellari – OO 140

Undicesima conferenza – Stoccarda, 17 febbraio 1913

[…] Il Cielo di Marte, è questa la sfera successiva alla quale ci ampliamo tra morte e nuova nascita. Affinché Lucifero possa guidarci come si confà a noi esseri umani, dobbiamo avere l’impulso di Cristo come contrappeso; allora l’impulso di Lucifero ci è salutare, altrimenti ci è dannoso. Anche qualcosa d’altro è divenuto necessario; nella sfera di Marte noi dobbiamo avere la possibilità di tener conto con tutto il nostro essere di certi cambiamenti che, nel corso degli ultimi secoli, vi si sono verificati. Questi cambiamenti sono da descrivere più o meno così: tutti i singoli corpi cosmici sono in relazione gli uni con gli altri a mezzo di determinate forze; gli altri corpi cosmici sono in relazione con la Terra, da loro irraggiano forze. Da Marte e dalla sua sfera di fatto non emana solamente l’azione luminosa che arriva sulla Terra, ma anche forze spirituali. Se retrocediamo a secoli più antichi, troviamo che da Marte vengono irraggiate quelle forze che hanno entusiasmato gli uomini per ciò di cui avevano bisogno nelle epoche passate: forze fisiche per promuovere l’evoluzione dell’umanità. Non è soltanto un mito, bensì una verità occulta, che quanto si è sviluppato nel mondo come forza combattiva e varie attività belliche, quanto ha reso gli uomini risoluti e coraggiosi per secoli e secoli, proviene dall’afflusso di Marte. Nella vita di un pianeta avviene però che le sue forze attraversano un’evoluzione ascendente e una discendente, e negli ultimi secoli Marte ha un po’ modificato il suo compito. Quel che oggi viene ancora sviluppato come forze marziali, è vita guerresca dei secoli precedenti che va defluendo. Elementi nuovi non affluiscono più quanto a forze infiammanti di Marte. Infatti alla svolta tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo era giunto a un punto cruciale, a un momento che nella vita di Marte si può paragonare solo con il periodo in cui la Terra era giunta a un punto cruciale al tempo del Mistero del Golgota. Quello che qui tocchiamo è qualcosa di immensamente significativo. Marte passò attraverso un momento decisivo. All’interno dei Misteri della Terra, là dove si decide riguardo alle grandi questioni spirituali, lo si sapeva. Infatti, dal dodicesimo secolo, entro l’evoluzione dei Misteri della Terra sono stati fatti preparativi determinanti, per tener conto dei cambiamenti della sfera di Marte. Per Marte erano ormai superate le forze che doveva emettere per portare sulla Terra coraggio e forza d’azione, non dovevano più penetrare nella Terra. Ma col fatto che Marte ha attraversato una simile crisi, cambia anche per le anime che vivono tra morte e nuova nascita quello che esse avrebbero da sperimentare dopo la morte nella sua sfera. Infatti, quando l’uomo oltrepassa la sfera solare, nel suo essere animico irraggiano forze che hanno un senso già per l’incarnazione successiva. L’anima che in tempi precedenti, prima del sedicesimo secolo, era passata per la sfera di Marte, veniva in contatto con quelle forze che la compenetravano di coraggio e di forza d’azione. Lucifero era la guida alle sorgenti del coraggio e della forza d’azione. Ma le anime che giunsero in un tempo successivo non poterono più trovare quell’elemento caratteristico: a quel tempo Marte attraversava la sua crisi. Là dove, entro i Misteri, vengono prese le grandi decisioni spirituali, non si tiene dunque conto solamente della vita dell’uomo tra la nascita e la morte, ma anche della sua salvezza e della sua sventura tra morte e nuova nascita. Questo significa che nei Misteri si bada a che vengano immesse nella cultura spirituale dell’umanità quelle realtà che fanno sì che le anime, dopo la morte, possano attraversare correttamente le diverse sfere.

Se vogliamo comprendere cosa avviene nella sfera di Marte, dobbiamo considerare che dal dodicesimo secolo si avvicina ai Misteri rosacrociani un grande avvenimento, decisivo, che venne espresso così: per l’evoluzione della Terra giungono periodi molto particolari, i tempi della civiltà esteriore materiale, dei trionfi esteriori materiali, e certamente non li si può respingere. Abbiamo bisogno di questa fase delle macchine, dei dirigibili e così via, anche se queste cose non arrecano nulla di spirituale, portano piuttosto una specie di morte dell’anima. Non ci si può opporre, l’uomo ci si deve familiarizzare. L’epoca materialistica è dovuta arrivare; pure, le gerarchie spirituali superiori si sforzarono sempre di creare una compensazione ad essa. Se guardiamo tutto quello che è entrato nell’evoluzione terrena come bilanciamento al materialismo, abbiamo l’ultimo, importantissimo fenomeno in Francesco d’Assisi, colui che, nella sua esistenza di Francesco, volse le spalle a tutta la vita esteriore e ad Assisi condusse quella vita, a voi certamente nota. Essa è dipinta da Giotto sulle pareti della chiesa di Assisi, tanto meravigliosamente che ancora oggi, pur essendo stati i dipinti già ritoccati molte volte, quella vita ci irraggia dalle pareti in modo così commovente. E sebbene anch’egli abbia attraversato un’evoluzione verso il materialismo, bisogna dire che nei dintorni di Assisi è ancora diffusa l’atmosfera spirituale di Francesco, quella atmosfera che ha accolto in sé gli elementi di una vita certamente fuori dal mondo, ma in confidenza con l’anima – non solo con l’anima dell’uomo, ma anche con l’anima della natura. Nel ciclo L’uomo alla luce di occultismo, teosofia e filosofia, potete andare a leggere quella meravigliosa opera poetica nella quale Francesco d’Assisi profuse quello che sentiva nei confronti dell’anima della natura e degli esseri della natura. Si può dire che nessun poeta ha toni più belli, toni così belli sulla vita della natura li ha ritrovati forse soltanto Goethe. Da dove veniva tutto ciò? Proveniva dal fatto che Francesco d’Assisi nella sua vita precedente nel settimo, ottavo secolo, in una scuola di Misteri in prossimità del Mar Nero, fu discepolo di un’individualità che non si trovava più inserita in un’incarnazione entro il corpo fisico.

È una faccenda singolare. Nella sua incarnazione subito precedente, Francesco d’Assisi aveva vissuto in una sede di Misteri; insieme ad altri era discepolo di un’entità che a quel tempo operava solo più in un corpo spirituale fra i discepoli, dei quali faceva parte anche Francesco. Questa entità non era altri che il Buddha, del quale sappiamo che fu incarnato per l’ultima volta come Gautama Buddha. Egli continuò tuttavia ad agire quale figura spirituale. Sappiamo che come entità spirituale ha preso parte alla nascita del bambino Gesù del Vangelo di Luca. Egli ha continuato a operare nella scuola in cui visse Francesco nella sua precedente incarnazione. Là questi accolse gli impulsi della sua vita in intimità con l’anima, di quella vita che doveva allontanare gli uomini da tutto quanto si voleva diffondere ulteriormente proprio sulla Terra, che doveva allontanarli dalla vita meramente materiale. In Francesco questo è rimasto, lo vediamo continuare ad agire nella sua incarnazione ad Assisi. Ma non poteva avvenire che sulla Terra, nell’epoca che ormai aveva la missione materialistica, a una comunità come quella francescana si unissero molte anime. Questi contemporanei, che dovevano seguire i tempi, non potevano seguire Francesco. Si venne così a creare un dissidio. Era impossibile che, da una parte, ci fosse solo la civiltà esteriore materiale, e dall’altra i suoi seguaci. Per quanto grande e possente sia Francesco, così poco poteva servire per i tempi seguenti quello che egli aveva dato come regola. Come poté accadere questo? Cosa doveva avvenire sulla Terra?

Lo si stabilì in importanti visioni prospettiche, entro i Misteri rosacruciani dal dodicesimo secolo in poi. Ci si disse: “L’uomo dovrà lavorare con il corpo terreno, dovrà abituarsi a vivere esteriormente tra nascita e morte nell’esistenza materiale, e dovrà accompagnare i trionfi di questa esistenza materiale. Ma per l’anima che si abitua a vivere, che si fa amica l’esistenza materiale, deve venir creata la possibilità di avere comprensione, con una parte del proprio essere, per l’esperienza interiore di quel che c’è nella “franceschità”. In ciò consiste l’essenza del progresso delle anime sulla Terra, nel dover conseguire sempre più due nature, quanto più vanno incontro al futuro. Così che con i nostri arti animici noi afferriamo gli impulsi dell’esistenza terrena e riusciamo a fare amicizia con essi, ma in modo che ci dobbiamo creare dentro di noi dei momenti, delle ore, nei quali possiamo essere dediti alla vita dell’anima. Nel divenire più amici e confidenti con il mondo, dobbiamo al contempo avere dei tempi nei quali possiamo entrare in confidenza con l’anima. Mentre da una parte seguiamo Edison, dall’altra parte dobbiamo poter divenire, in totale silenzio, nell’interiorità, discepoli di Francesco d’Assisi o del suo grande maestro, il Buddha. Ogni anima, anche se è schiacciata entro la vita materiale, deve poter sentire così. I preparativi per questo dovettero venir fatti nei Misteri rosacruciani, Christian Rosenkreutz ebbe il compito di provvedere a ciò.

Questo come può avvenire? Solo tramite il fatto che un certo periodo della vita tra morte e nuova nascita può venir impiegato per l’anima in un modo ben determinato. Nei Misteri rosacruciani ci si disse: “Marte perde il suo vecchio compito: diamogliene uno nuovo”. Con l’inizio del secolo diciassettesimo, alla svolta tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, il Buddha, che aveva comunque attraversato la sua ultima incarnazione terrena, venne inviato su Marte, verso la sfera di Marte. Si può dire del tutto correttamente che in quel momento Buddha ha compiuto, per Marte, qualcosa di simile a ciò che in misura più grande compì Cristo sulla Terra, nel Mistero del Golgota. Con il suo sacrificio, Buddha a quel tempo ha trasformato quello che è sempre irraggiato da Marte, quello che stava nella sua essenza. Ne ha trasformato tutta la natura e l’essenza; il Buddha è divenuto per Marte il grande salvatore. Per lui fu un sacrificio. Basta ricordarsi di come Buddha si sia elevato all’insegnamento, al messaggio, della grande pace, dell’esistenza armoniosa. Venne allora dislocato nella sfera planetaria dalla quale derivava la forza dell’aggressività. Egli, il principe della pace, si crocifisse, per così dire, sebbene non attraverso il Mistero del Golgota. In tal modo viene portato entro la sfera di Marte qualcosa di diverso: Marte viene compenetrato dall’entità del Buddha. Come sulla Terra la sostanza di Cristo si è riversata dal Mistero del Golgota, così la sostanza di pace del Buddha affluisce sulla sfera di Marte e, da allora, si trova in essa.

Così si disse nei Misteri rosacruciani. Con l’invio del Buddha, le anime potevano tra morte e nuova nascita vivere per un periodo nella sfera di Marte, dopo che si erano trovate nella sfera del Sole e che avevano portato fin là l’impulso di Cristo. Dopo esservi entrata – essendo permeata nel modo giusto con l’impulso di Cristo e tramite la guida di Lucifero – l’anima avanza nella sfera di Marte. Proprio nella nostra epoca, in questa sfera accade quel che prima non poteva accadere: le anime vengono compenetrate da ciò che sulla Terra non può avvenire, cioè vengono pervase dall’elemento di Buddha-Francesco d’Assisi. Tra morte e nuova nascita, ogni anima che sia opportunamente preparata può sperimentare quello che si è dispiegato sulla Terra come in un ultimo slancio nella vita animica di Francesco d’Assisi ma che, da allora, sulla Terra non può più avere una patria adeguata. Mentre, nella vita ultraterrena, l’anima umana attraversa su Marte la sfera del Buddha, vi può accogliere la forza che la renderà capace di quanto si è appena detto: più tardi attraverso una nuova nascita potrà entrare in un’esistenza puramente materiale, potrà venir gettata in una vita terrena che sarà sempre più materialistica, e tuttavia sarà in grado, con un’altra parte dell’essere animico, di sviluppare forze per essere dedita al mondo spirituale-animico. Così stanno le cose riguardo ai segreti che si celano tra morte e nuova nascita.

 

Il mondo come risultato di processi di equilibrio – OO 158

Terza conferenza – Dornach, 22 novembre 1914

[…] Se penetriamo più profondamente nella vita dell’uomo, ci appare di nuovo come agisca anche qui la partecipazione nel mondo di Lucifero e Arimane. Due idee hanno grande importanza per la vita. La prima è l’idea del dovere, o anche, in senso religioso, l’idea del comandamento. Si parla a volte dell’imperativo del dovere. L’altra idea che vogliamo prendere in considerazione è quella del diritto.

Se riflettete su quanto peso abbiano nella vita umana i concetti di dovere e di diritto – il diritto che un uomo ha di fare qualcosa – vi accorgerete subito che dovere e diritto vivono in contrapposizione polare e che, in certa misura, anche le tendenze degli uomini sono tali da spingerli ora piuttosto verso il dovere, ora verso il diritto. Viviamo in un’epoca in cui gli uomini parlano più dei loro diritti che dei loro doveri. Ogni ambito del mondo invoca i propri diritti. Da qui i diritti dei lavoratori, i diritti delle donne e così via.

Il dovere è il concetto opposto al diritto. Il nostro tempo lascerà il posto a un’epoca in cui, proprio sotto l’influsso della concezione antroposofica del mondo, saranno i doveri a diventare valori importanti. E solo in un futuro più lontano si avranno movimenti in cui sarà sempre meno accentuata l’esigenza di diritti e crescerà un’esigenza di doveri. Si chiederà maggiormente quali siano i doveri di un uomo o di una donna in questa o quella situazione. Il tempo della ricerca dei doveri succederà a quello della richiesta di diritti.

Diritto e dovere agiscono nella nostra vita come due opposti, come polarità. Se l’uomo si rivolge nella sua anima al dovere, di fatto rivolge la sua attenzione fuori da se stesso. Kant ha espresso grandiosamente questa idea, descrivendo il dovere come una divinità sublime a cui l’uomo alza gli occhi: «Dovere! Tu che porti un grande nome, tu che non sei amato, né ti rendi amabile, ma aspiri solo al servizio… ».

L’uomo vede il dovere irraggiare verso di lui dalle regioni del mondo spirituale. In senso religioso, lo percepisce come un impulso imposto dalle entità delle Gerarchie superiori. E in quanto si sottomette al dovere, esce da se stesso e si abbandona al sentimento del dovere. In questo “uscire-da-sé-nel-sentimento-del- dovere” vi è già qualcosa che trae l’uomo fuori dal suo sé ordinario.

In questo uscire dal sé abituale, un simile anelito alla spiritualizzazione porterebbe l’uomo in una condizione in cui perderebbe il terreno sotto i piedi, se si abbandonasse solo a questa tendenza. Se l’uomo volesse sempre solo uscire da sé, perderebbe la sua pesantezza, il suo rapporto con la gravità. Per questo, l’uomo, quando si dedica al dovere, deve cercare di trovare in se stesso un aiuto che gli dia la pesantezza. Schiller lo ha detto mirabilmente con le parole: l’uomo può avere il miglior rapporto con il dovere, se impara ad amarlo.

In questo pensiero è già espresso molto. Se l’uomo parla di imparare ad amare il proprio dovere, non si sottopone più semplicemente al dovere, ma ascende fuori da sé e porta con sé l’amore con cui altrimenti ama solo se stesso. Egli trae fuori da sé l’amore che vive nel suo corpo – e che era egoismo – e ama il dovere. Finché è amore di sé, resta una forza luciferica.

Ma quando l’uomo porta fuori da sé questo amore e ama il dovere, nel modo in cui altrimenti ama solo se stesso, libera Lucifero, lo porta fuori nel regno del dovere e lo rende un essere giustificato nel suo operare, nell’impulso e nel sentimento del dovere.

Ma se l’uomo non vi riesce, se non sa trarre da sé l’amore e offrirlo al dovere, continua ad amare solo se stesso. Se non può amare il dovere, può solo subirlo: diventa schiavo del dovere, si inaridisce, si indurisce a “uomo di dovere”. Diventa freddo e vuoto, anche se dedito al dovere. Sebbene persegua il dovere, si irrigidisce arimanicamente.

Arimane -> Dovere  < Lucifero

Vedete come il dovere stia proprio in mezzo. Se ci sottomettiamo ad esso, si annienta la nostra libertà. Diveniamo schiavi del dovere, perché Arimane si avvicina ad esso da un lato con i suoi impulsi. Ma se al dovere portiamo noi stessi, portiamo la forza del nostro amore per noi in sacrificio, se portiamo il luciferico calore dell’amore incontro al dovere, la conseguenza sarà che troveremo un giusto rapporto con il dovere nell’equilibrio fra Lucifero e Arimane. Nell’ambito morale siamo noi stessi a generare una tale condizione di equilibrio fra Lucifero e Arimane.

Arimane vive fuori, nello spirituale, e dissecca in noi il dovere, cui dobbiamo sottometterci, togliendoci la libertà. Ma incontro al volere noi guidiamo l’amore dal nostro proprio organismo, gli portiamo incontro noi stessi. Nella lotta fra Lucifero e Arimane generiamo la giusta relazione con il dovere, e in certa misura diveniamo i liberatori di Lucifero. Quando iniziamo ad amare i nostri doveri, giunge l’istante in cui contribuiamo alla redenzione delle potenze luciferiche, in cui liberiamo da noi per la battaglia contro Arimane le forze luciferiche altrimenti imprigionate, come stregate nel nostro amore per noi. Sprigioniamo Lucifero, stregato nel nostro amore per noi, lo liberiamo, se impariamo ad amare il nostro dovere.

Nelle sue lettere “Sull’educazione estetica dell’umanità”, Schiller si pone questa stessa domanda: «Come si supera la schiavitù del dovere in nome dell’amore per il dovere?» Solamente non ha utilizzato le espressioni “Lucifero” e “Arimane”, poiché non ha considerato il problema in termini cosmici. Ma queste straordinarie lettere di Schiller sull’educazione estetica dell’umanità sono immediatamente traducibili nella scienza dello spirito.

Per quanto riguarda il diritto, nel momento in cui lo facciamo valere, esso ci si mostra subito connesso con Lucifero. L’uomo non deve imparare ad amare il proprio diritto. Lo ama già, ed è assolutamente naturale amare il proprio diritto. Vi è un naturale legame fra Lucifero e il diritto nel sentire: è il sentimento del diritto. E ovunque si affermano diritti parla Lucifero. Talvolta si può già esteriormente osservare con chiarezza come, nel propugnarsi di questo o quel diritto, Lucifero faccia sentire con forza la sua voce. Si tratta qui di opporre qualcosa al diritto, di chiamare a sé Arimane per offrire un contrappeso a Lucifero, che è già connesso al diritto. Possiamo farlo con la forza polare rispetto all’amore. L’amore è fuoco interiore. Il suo opposto è la calma interiore, la tolleranza, il quieto accoglimento di quel che ci viene incontro nel karma universale. Una calma intelligente: che comprende ciò che accade nel mondo. Se accediamo ai nostri diritti con simile quiete interiore intelligente, chiamiamo Arimane dentro di noi dall’esterno. Qui egli è solo più difficile da riconoscere. Lo liberiamo dalla sua nuda esistenza fuori di noi, lo chiamiamo in noi, lo scaldiamo al fuoco dell’amore, che già pervade il diritto. La calma ha la freddezza di Arimane. Nel comprendere ciò che abita il mondo, uniamo il nostro amore caldo e intelligente alla freddezza che vive nel mondo. Poiché liberiamo Arimane, se lo affrontiamo comprendendo ciò che è diventato, se non alimentiamo il diritto solo col nostro amore di noi stessi, ma comprendiamo ciò che avviene nel mondo.

Questa è l’inestinguibile lotta fra Arimane e Lucifero nel mondo. Essa è tale che l’uomo da un lato impara a comprendere in modo conservatore le situazioni e il modo in cui esse si sono determinate attraverso la necessità universale del karma. Questo è un lato della questione. L’altro è che l’uomo sente bruciare nel suo petto la spinta a suscitare sempre qualcosa di nuovo: la corrente rivoluzionaria. Nella corrente rivoluzionaria vive Lucifero. Nella corrente conservatrice vive Arimane. E l’uomo, nella vita del diritto, vive al centro di queste due polarità.

Così vediamo che anche diritto e dovere mostrano questa condizione di equilibrio fra le forze polari di Lucifero e Arimane. Solo se studiamo il gioco reciproco delle potenze spirituali, in particolare di quelle forze dello spirito che agiscono in equilibrio fra loro, possiamo imparare a conoscere come si manifestino il corpo fìsico umano, il corpo eterico e il corpo astrale nella vita, come il diritto e il dovere si esprimano nella vita giuridica, come tutte queste cose trovino la loro collocazione nel mondo.

Così come possiamo osservare esattamente ciò che già esiste ed è posto sotto l’influsso delle forze spirituali che generano situazioni di equilibrio, allo steso modo si aggiunge nel mondo degli equilibri polari anche ciò che noi facciamo vivere nella nostra sfera morale. L’intera vita morale, l’etica, con le sue polarità di diritto e dovere, e la vita giuridica divengono comprensibili solo se si contempla anche l’irradiare su di esse degli impulsi di Lucifero e Arimane. Tutto ciò si applica allo stesso modo alla vita storica dell’uomo, la quale si svolge temporalmente nell’alternanza di movimenti “luciferici”, rivoluzionari e guerrieri, e “arimanici”, conservatori e pacifici. Ci si manifesta di nuovo una condizione di equilibrio fra l’elemento arimanico e quello luciferico. Non potremmo comprendere il mondo in nessun altro modo, se non osservandolo con lo sforzo di comprenderlo in termini di polarità contrapposte. Ciò che fuori nel mondo ci viene incontro e ci si manifesta attraverso contrapposizioni, è giustamente dualistico. E in questo contesto, il manicheismo – un manicheismo giustamente inteso – è pienamente fondato. Sul modo in cui questo manicheismo sia pienamente fondato anche all’interno di un monismo spirituale, dovremo in futuro parlare in modo più circostanziato.