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Il ricordo della figura di Marie Steiner

Marie Steiner von Sivers

Dresda, 14 marzo 2021

Cari amici,
ancora una volta ricorre l’anniversario della nascita di Marie Steiner von Sivers (1867 – 1948), e ancora una volta, esattamente come il 14 marzo di un anno fa, non ci è possibile riunirci fisicamente per omaggiarne insieme il ricordo.

Le pesanti circostanze, che ormai da ormai molti mesi condizionano la nostra vita, ci impongono infatti di affrontare situazioni di isolamento, di frattura, minacciano lo svolgimento delle nostre attività e dei lavori condivisi. Tuttavia, unire il nostro pensiero e volgerlo alla grandissima individualità che è legata a questo giorno è un atto costruttivo, unificante e libero, che può in parte configurarsi come una risposta alle limitazioni imposte dall’esterno.

Il ricordo della figura di Marie Steiner, se accompagnato da una seria riflessione, assume infatti la forma di un gesto attivo, in quanto permette di collegarsi ad un impulso di senso opposto alle forze disgreganti che avvelenano il nostro tempo. Autentico cosmopolitismo, talento pratico ed eccezionale sensibilità artistica sono solo alcuni dei tratti che definiscono il suo essere. Pur direttamente coinvolta nelle tragedie che caratterizzarono quello che fu il suo tempo (l’avanzata del materialismo, il progressivo abbruttimento della cultura, i nazionalismi e le guerre mondiali), ella seppe imprimere al proprio operato un carattere universale, tale da superare i limiti imposti dal contesto storico di allora. Proprio per questo il senso del suo agire parla chiaramente anche oggi e parlerà in futuro, per chi sappia prestarvi ascolto.

Perché il ricordo di Marie Steiner possa essere accompagnato da una vivida immagine della sua persona, aggiungo qui di seguito in traduzione il bel ritratto offerto dalle pagine di Margarita Woloschina, pittrice russa che partecipò attivamente alla rappresentazione dei drammi misteriosofici a Monaco, all’edificazione del primo Goetheanum e ai primi passi dell’attività di euritmia.

Buona lettura. Possa questo gesto di ricordo assumere le forme di un dialogo, e infondere gratitudine, coraggio e fiducia.

Un caro saluto,

vostra Alessandra Coretti

(Margarita Woloschina Incontri con Marie Steiner, tratto da zum Gedenken an Marie Steiner -von Sivers, Rudolf Steiner Archiv 2008, Dornach)

«L’opera con cui Marie Steiner è intervenuta nella cultura dell’umanità, creando dallo spirito dell’antroposofia un’arte del parlare che ha ricondotto la parola alla sua origine divina, all’originaria parola creatrice, verrà compresa e apprezzata solo in futuro, da parte di un’epoca più spirituale di quanto sia la nostra. Noi siamo ancora temporalmente troppo vicini alla personalità di Marie Steiner per poter misurare la sua grandezza.

Queste righe vogliono essere solo un tentativo di raccontare le esperienze personali che, nel corso di decenni, si potevano ricavare dagli incontri con Marie Steiner nella vita e nel lavoro. Il tratto essenziale che si esperiva di lei era il fatto che ella, la quale per prima aveva riconosciuto in Rudolf Steiner l’iniziato del nostro tempo e in ogni momento era cosciente della sua grandezza e della distanza tra lui e gli altri – e tra gli altri inseriva anche se stessa -, stava comunque a fianco a lui libera, creativa, piena di iniziative, indipendente nel proprio giudizio. Proprio per questo egli teneva in così gran conto il giudizio di lei.

Io vidi per la prima volta Marie Steiner (allora la Signorina von Sivers) a Zurigo nel 1905, quando mi recai a una conferenza che sarebbe stata tenuta da un certo Steiner, un teosofo che mi era del tutto sconosciuto. Nella prima fila, direttamente davanti a me, vidi una dama dai capelli dorati e dal colorito fiorente, la quale si intratteneva con vivacità con una sua conoscente – era Ita Wegman. Che cosa c’era in quel viso, che mi catturava così fortemente? I raffinati lineamenti erano animati da un grande temperamento, la bocca delicata e decisa, il mento accentuato. Ad un tratto ella rideva apertamente, ad un tratto sembrava indignarsi, e allora un’ondata di calore le saliva al viso. Ma quando si voltò verso la porta d’ingresso vidi i suoi occhi incredibili, occhi di un blu che si può trovare solo in alta montagna, occhi che sembravano abbracciare le ampiezze dei mondi e delle sfere universali. Seguendo il suo sguardo vidi per la prima volta Rudolf Steiner. Dopo aver risposto alle domande che gli erano state poste, compresa anche la mia, egli venne verso di me e disse: “Non per caso mi avete posto una domanda; scrivetemi pure se avrete altre domande.” Mi diede quindi il suo indirizzo di Berlino e mi condusse da Marie von Sivers, che io per me chiamavo la “Dorata”. Quando le menzionai il nome di una teosofa russa, ella mi chiese in russo e in modo ironico: “Avete particolari predisposizioni psichiche?” – “No, assolutamente.” – Solo in seguito compresi la sua ironia. Nella Società teosofica si tentava infatti di venir a conoscere qualcosa del mondo spirituale attraverso il ricorso a forze ataviche; Marie von Sivers percorreva invece la via spirituale inaugurata da Rudolf Steiner.

Ogni volta che vedevo vicine l’una all’altra le figure di Rudolf Steiner e Marie Steiner, mi sembrava come se nella loro polare sintonia si incontrassero due mondi. Questa impressione mi colpì in modo particolarmente forte una volta, quando seduti insieme in una piccola barca – un bambino stava al timone – superavamo un fiordo norvegese. Il viso di Marie Steiner sembrava definito dai più puri elementi della natura. La luce del sole, il blu del cielo e dell’acqua, il rosato pallido delle rose del nord si rispecchiavano tutti nella sua bellezza. In lei vi era un fiorire paradisiaco. – Il viso di Rudolf Steiner era come se appartenesse a tutt’un altro mondo. La vita così potente che operava attraverso di lui era come se fosse passata attraverso la morte. La croce nera splendeva attraverso questa luce, si doveva pensare al carbone e al diamante. Quel giorno i suoi occhi erano molto scuri, ma come sempre illuminati da caldo oro. Nell’armonia delle loro due figure si incontravano le profondità della terra, che portano al cuore del mondo e che si manifestavano in lui, e le luminose sfere cosmiche che vivevano in lei.

Poco dopo il primo incontro, per un mese intero a Berlino nella Motzstrasse ebbi la possibilità di sentir parlare Rudolf Steiner ogni giorno per una piccola cerchia di persone. Qui si ebbe modo di far esperienza dell’appassionata, irriducibile e mai sentimentale dedizione di questa donna allo spirituale e al suo messaggero. Quando poi la rivedemmo a Monaco in occasione delle prove per i drammi misteriosofici e nelle rappresentazioni di quei drammi, ella ci venne incontro nel ruolo di Maria esattamente così come era nella vita. Con la stessa serietà e con la stessa forza, quasi come una potenza cosmica. Ed era così bello, accanto a questa grande serietà, vivere la sua spontaneità pari a quella di un bambino, vivere il suo umorismo – e il suo ridere, del quale spesso non era padrona al punto da non riuscire a iniziare il suo monologo.

La cavalleria che Rudolf Steiner tributava a questa donna era molto di più che un’austroungarica cortesia. Quando egli la sposò e nel 1915 a Dornach si scatenò una profondissima ostilità contro di lei, egli tenne nella falegnameria delle assemblee che a volte durarono dalla mattina alla sera, di modo che potesse venire a galla tutto. Io mi ricordo come la signora Marie Steiner ridesse apertamente in risposta alle accuse che le venivano imputate. Rudolf Steiner invece prendeva la cosa con la più amara serietà. Per lui, il comportamento dei soci nei confronti di lei era la pietra di paragone del loro atteggiamento interiore, e fu allora che molti, colmi di odio, abbandonarono non soltanto l’assemblea, ma anche la Società.

Scherzando egli la chiamò la sua “addetta alla pulizia” perché le affidava spesso il davvero ingrato compito di rimproverare certi soci, cosa che egli non avrebbe potuto fare altrettanto bene da sé senza interferire con la loro libertà. Questa missione le pesava moltissimo. Ella però faceva quello che le circostanze richiedevano da lei, senza preoccuparsi minimamente della propria “popolarità”.

Marie Steiner – come ella stessa mi raccontò – si sentiva così fortemente legata a quella Società che aveva costruito pietra dopo pietra, al punto che dopo la morte di Rudolf Steiner, quando affiorarono delle crisi in quell’organismo al quale ella aveva sacrificato tutte le proprie forze, ella esperiva quelle disarmonie sul suo proprio organismo in forma di malattia.

Nell’aria di alta montagna che aleggiava intorno a lei non era facile vivere. Quelli che lavoravano con lei dovevano sopportare vere e proprie tempeste. Per esempio, mi ricordo quando una volta – anche questo accadeva nell’anno 1915 – Marie Steiner, appena tornata a Dornach dalla Germania, comparve in falegnameria durante le prove della scena di Pasqua del Faust. In sua assenza Jan Stuten aveva composto la musica per i cori femminili, per quelli dei ragazzi e degli angeli – la stessa musica che ancora oggi si sente al Goetheanum durante quella scena. Noi vocalizzavamo le parole che quei cori cantavano e lo facevamo con entusiasmo, lo trovavamo una cosa fantastica e ci aspettavamo una lode dalla signora Steiner. Ma invece, quanto venimmo furiosamente rimproverati da lei per la nostra mancanza di stile: fare euritmia della parola sulla musica! In seguito, vennero curati separatamente i cori di arte della parola e l’euritmia da una parte, e i cori per musica dall’altra. Anime troppo sensibili avevano un’opportunità di sentirsi ferite a contatto con la signora Steiner, e allora in relazione a lei si parlava di assolutismo, si parlava di regime zarista. Però, chi possedeva un organo per percepire la grandezza di questa individualità non provava risentimento per la sua durezza, perché quella non si scagliava mai contro la persona, ma rispondeva a una determinata situazione.

Quello che Marie Steiner pretendeva dagli altri, lo pretendeva anche da se stessa; ella si poneva accanto a noi – “noi” diceva sempre -, mai al di sopra di noi. Gli incontri con lei – almeno, per me era così – significavano sempre una prova per l’anima, una prova attraverso la quale si cresceva, qualora non si desse troppa importanza alla propria persona e qualora si fosse centrati in se stessi e liberi di fronte a lei. E di quale amore era capace questa donna inflessibile! Allora, era come se un grande essere, come una madre, si chinasse per offrire il suo sostegno. Ella voleva sempre aiutare. Chiunque lavorasse nel senso indicato da Rudolf Steiner trovava in lei caloroso interesse e impegno concreto, indipendentemente dall’ambito e in qualsiasi paese – e così fu fin nei suoi ultimi giorni di vita. “La saggezza si trova solo nella verità”: queste parole, che Rudolf Steiner diede come linea guida per la Società antroposofica, esprimono al contempo l’atteggiamento di vita di Marie Steiner.»