GUERRA – COSA SUCCEDE TRA LE PERSONE? di Louis Defèche

Seconda parte –
Cari lettori,
il gesto di Marte si placa laddove alita il respiro di Mercurio, che si nutre di scambio e di comunicazione. Anche l’uomo crea mediante la parola, quando intesse un dialogo con i suoi simili: solo allora il mondo si colora di realtà. Di realtà sono colmi anche i pensieri d’amore, come è realtà il prodigio che avviene quando gli uomini operano in comunità nel nome della vera fratellanza. «Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». (Mt 18-20)Buona lettura!
Alessandra Coretti
Qualsiasi problema può venir affrontato con modalità bellica, cioè mediante il principio della contrapposizione, il quale implica che venga identificato un determinato nemico (per esempio un’altra persona, un altro Stato o addirittura un virus) e che gli si dichiari guerra con l’obiettivo di ottenere la vittoria. Viceversa, è possibile porre il problema nella forma di un dialogo, di un’interazione. In una situazione di questo tipo non ci sono due poli nemici, bensì dei potenziali interlocutori. Essi devono essere in grado di trovare una forma di intesa e, mediante tale interazione, di elevarsi a un livello superiore, nel quale ogni parte possa trovare il posto giusto per sé. Attualmente viviamo in un periodo di svolta nell’evoluzione terrestre dell’umanità, in un momento in cui le antiche forze di Marte continuano a operare mentre lentamente ci viene incontro il nuovo principio di Mercurio, affinché un futuro sia possibile. Questa situazione di radicale mutamento si manifesta nel baratro tra i grandi ideali di pace che muovono i cuori degli uomini e la tragica realtà della violenza, che continua implacabile.
L’umanità è una
Come possiamo impegnarci ai fini di un’evoluzione che superi la guerra? Di certo sono imprescindibili iniziative politiche e riforme istituzionali, tuttavia, ancora prima, appare importante andare alla radice del problema: la vita interiore dell’uomo, la vita spirituale.
Per trovare una via di uscita da questa “lotta per la sopravvivenza”, nella conferenza prima citata Steiner rimanda all’ideale di pace e fratellanza proprio del movimento di scienza dello spirito di cui era promotore. I primi principi della Società teosofica fondata da Helena Blavatsky, che egli a quel tempo rappresentava, di fatto recitavano: «Mostrare l’unità di ogni vita come una realtà della natura e formare un nucleo di fratellanza universale», e di seguito: «Promuovere una migliore comprensione reciproca tra i popoli mediante lo studio delle religioni antiche e moderne, delle scienze e delle filosofie, e promuovere la conoscenza dell’essenziale unità di ogni vita».
L’esperienza di questa anima unitaria dell’umanità, l’esperienza di quella realtà su cui si fonda l’ideale della fratellanza universale non è però innata per l’uomo, ma deve venir sviluppata coscientemente. Ciò significa creare uno spazio in cui tale coscienza possa venir intensificata nell’esperienza interiore, significa, secondo Steiner, «stipulare un patto di fratellanza che attraversa il mondo intero, senza considerazione per la razza, il sesso, il colore della pelle, ecc. Questo è il riconoscimento dell’anima che è comune a tutta l’umanità». (6)
Tale visione non mira a combattere per un obiettivo, né a impegnarsi direttamente per delle riforme, bensì mira a sviluppare la vita interiore e a trasformare la coscienza, in modo che la fratellanza sorga prima di tutto nelle anime degli uomini: «Noi non combattiamo, non lottiamo nemmeno contro la guerra o contro qualcos’altro, perché il combattere stesso non conduce a un’evoluzione superiore […] Allora non dobbiamo soltanto parlare di pace, prefissarci la pace come ideale, stipulare trattati, attendere impazienti le sentenze dei collegi arbitrali, allora dobbiamo curare la vita spirituale e lo spirituale, in modo da richiamare in noi quella forza, che come forza del soccorso reciproco si effonde nell’intero genere umano». (7)
La storia della Società teosofica e della Società antroposofica fin nei suoi sviluppi più recenti mostra come questa via sia gravata da prove e da difficoltà, e come si tratti di un effettivo lavoro, anche se interiore. Tale anelito alla fratellanza, tale cultura della fratellanza non interessano soltanto la Società teosofica o antroposofica: tale principio riguarda tutte le comunità e le reti sociali che sorgono in vista di questo ideale del futuro basato sull’aiuto reciproco, con l’intento di superare le vecchie forme sociali plasmate dal principio della lotta per la sopravvivenza, dalla concorrenza, dalla costrizione e dalla guerra. Non si tratta quindi di combattere contro la guerra, bensì di creare dei contrappesi. Comunità di questo tipo, che si orientano a questo ideale superiore, formano degli spazi da cui scaturisce una forza reale, in quanto – così Steiner -: «Sono dei maghi quegli uomini che operano insieme in fraterna comunità, perché attirano nella loro cerchia esseri superiori. Non è più necessario appellarsi alle macchinazioni spiritiste, se con fraterno amore si opera insieme all’interno di una comunità. Lì si manifestano esseri superiori. Se doniamo noi stessi in fratellanza, questo dono, questa nascita nella totalità diventa corroborante, un rafforzamento dei nostri organi». (8)

Stefan Krauch, Erwachen (Destarsi)
Non è forse il principio di fondazione di comunità l’unica via di uscita dal sentimento di impotenza che ci invade in un mondo dominato dalla “lotta per l’esistenza”? È evidente che nel momento in cui si affrontano difficili compiti materiali è decisivo il numero di coloro che si prestano aiuto reciprocamente. Tuttavia, ciò è meno evidente quando si tratta di un compito spirituale, interiore. Forse è proprio questa l’illusione che dobbiamo superare oggi. Perché per realizzare questa evoluzione spirituale abbiamo necessariamente bisogno degli altri. Aiutarsi a vicenda sul piano spirituale diventa fonte di forze nuove!
Amicizia in tempi bui
L’ideale di fratellanza umana e la coscienza di questa anima unitaria dell’umanità, che unisce tutti gli esseri umani senza eccezione, vogliono realizzarsi concretamente nella realtà quotidiana. Come descrive il filosofo Vladimir Solov’ëv nel suo libro Il significato dell’amore, l’amore umano nel suo insieme deve venir realizzato in relazioni concrete tra determinate persone, per non rimanere soltanto un potenziale inespresso. Solov’ëv vede nel rapporto tra i coniugi lo spazio interpersonale più adatto per la realizzazione dell’amore spirituale; tuttavia, ogni reale relazione interpersonale forma questo tipo di spazio privilegiato per la concretizzazione dell’amore.
Hannah Arendt indica quali sono le condizioni necessarie per tale spazio interpersonale. In un discorso in onore di Lessing, pubblicato con il titolo L’umanità in tempi bui, l’autrice descrive nella sua portata cosmologica il momento creatore dell’incontro umano. In un mondo diventato disumano, gli uomini non hanno altra scelta che ricominciare a cercarsi l’un l’altro. E quando agli uomini riesce di incontrarsi in questi «tempi bui», al centro si trova “la parola”, la capacità di condurre un dialogo e di discutere del mondo. L’autrice arriva al punto da affermare che il mondo esiste soltanto là dove due esseri umani sono in grado di dialogare a proposito di esso. Quando non è più possibile un discorso che abbia per oggetto il mondo, quest’ultimo scompare. «Poiché il mondo non è umano perché è fatto da esseri umani, e non diventa umano solo perché la voce umana risuona in esso, ma solo quando è diventato oggetto di dialogo. Per quanto le cose di questo mondo ci colpiscano intensamente, per quanto profondamente esse possano emozionarci e stimolarci, esse non diventano umane per noi se non nel momento in cui possiamo discuterne con i nostri simili. Tutto ciò che non può diventare oggetto di dialogo – il sublime, l’orribile, il perturbante – può anche trovare una voce umana attraverso la quale risuonare nel mondo, ma non è propriamente umano. Noi umanizziamo ciò che avviene nel mondo e in noi stessi solo parlandone e, in questo parlare, impariamo a diventare umani.» (9)
Qui non basta più la fratellanza, e per questo Hannah Arendt afferma che abbiamo bisogno di “amicizia”. Una fratellanza in cui il dialogo è impossibile, o i cui membri si attengono a verità generali inconfutabili, è disumana. Ogni incontro umano deve mettere in discussione la verità: in uno spazio che sia veramente umano scompaiono tutte le verità prestabilite, e ciò che conta è la verità che l’altro porta con sé. L’essenziale non si trova in un’unica verità, bensì nell’incontro tra molte verità. Così accediamo a un reale spazio intermedio tra le persone, a una “amicizia spirituale” – e anche di quest’ultima Steiner descrive i presupposti: «Nell’accezione della scienza dello spirito, ‘essere tolleranti’ significa qualcosa di diverso da ciò che comunemente si intende con questa parola. Significa rispettare anche la libertà del pensiero degli altri […]. Non dobbiamo accordare la semplice libertà della persona, bensì la piena libertà, fino ad apprezzare la libertà dell’opinione a noi estranea.» (10) Si intende qui una pratica di vita, che nel mondo attuale viene esercitata troppo poco.
La Società antroposofica e la sua università di scienza dello spirito possono prestarsi come spazio di formazione per il potenziamento di tali competenze interpersonali. Abbiamo bisogno di questa capacità di dialogo, che consiste nel rendere più umani il mondo e noi stessi: ecco perché necessitiamo delle altre persone e degli spazi adatti ai dialoghi in cui possa generarsi questa sostanza umana, proprio come nell’alveare viene prodotto il miele. Proprio tale competenza del dialogo umanizzante è quanto mai necessaria nel mondo attuale, è la guerra stessa che ce lo “dice”. La guerra inizia lì dove cessa il dialogo. Quando i canali diplomatici si interrompono, scoppia la guerra. La fine del dialogo è l’inizio della guerra – e soltanto il dialogo può farla terminare.

Einstein e Freud
Pensieri sull’amore Nel 1933 il “Comitato internazionale per la cooperazione intellettuale al dialogo nel nome della pace” invitò delle personalità di spicco a scegliere un interlocutore per intrattenere un dialogo sul tema della “guerra”. Nacque così il carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud, che venne pubblicato con il titolo Perché la guerra? Nella lettura di questa corrispondenza, più che il contenuto colpisce l’atteggiamento con cui le due significative personalità affrontarono il tema. Riguardo alla questione della guerra, entrambi gli intellettuali si sentirono chiamati in causa al di là dei rispettivi ambiti di competenza, in quanto esseri umani posti di fronte a una domanda universale umana che li chiamava alla massima umiltà. Dopo alcune riflessioni sulle possibili cause esteriori o istituzionali della guerra, si sentono indotti a portare la questione sulla psiche umana. Quale può essere nell’uomo l’origine della propensione alla guerra? «Come è possibile che la massa […] si lasci infiammare fino alla follia e al sacrificio di sé? La risposta può essere soltanto che nell’uomo vive un desiderio di odiare e di distruggere», scrive Einstein. (11) Freud, richiamandosi alle proprie ricerche sulla psicologia del profondo, ammette l’esistenza di un tale istinto di distruzione, il quale tuttavia si accompagna a un secondo istinto. Mediante il rafforzamento di questo secondo istinto potrebbero sprigionarsi delle forze capaci di superare la tendenza all’odio e alla distruzione. Si tratta dell’amore, che Freud definisce “eros”: «Se la disponibilità alla guerra è un frutto della pulsione di distruzione, allora è ovvio invocare contro di essa l’antagonista di quella pulsione, l’eros. Tutto ciò che crea legami di sentimento tra gli uomini deve agire in senso opposto alla guerra». (12)

Gandhi e Tolstoj
Un altro dialogo si interroga invece sull’amore. Nel 1909, su iniziativa di Gandhi, iniziò una corrispondenza tra il pacifista induista e lo scrittore russo Tolstoj sul tema della “non violenza” e della “non resistenza al male”. Anche in questo caso, colpiscono il profondo rispetto reciproco degli interlocutori, la loro umiltà, l’aspirazione al dialogo, la loro complementarità come le loro convergenze di pensiero. Al di là della distanza geografica e delle loro diverse concezioni religiose e culturali, l’attivista indiano e il pensatore russo si sentono profondamente uniti nelle loro aspirazioni. Si può percepire che li collega un filo invisibile, lo stesso che unisce tutti gli uomini della terra che anelano a questa fratellanza universale, nell’intento di abbracciare il globo in una rete di luce. Ispirato dal loro scambio, Tolstoj lascia intravedere la portata politica della sua concezione dell’amore: «La questione, ora, è soltanto che dobbiamo scegliere una tra queste due cose – o ammettiamo di non riconoscere alcuna etica religiosa, e di lasciare invece che sia la legge della forza a determinare il corso delle nostre vite, o pretendiamo l’abolizione di tutte le imposizioni e di tutte le istituzioni giuridiche, di polizia, ma soprattutto di quelle militari. […] Il socialismo, il comunismo, l’anarchismo, l’esercito della salvezza, l’incremento della criminalità, la disoccupazione, il lusso sempre più folle dei ricchi e la miseria sempre più grande dei poveri, il numero di suicidi che cresce terribilmente – sono tutti segni di quella contraddizione interiore che deve essere risolta. E lo sarà, quando verrà riconosciuta la legge dell’amore e quando verrà deposto ogni affidamento sulla violenza». (13)
Qui l’antroposofia diventa una forza, in forma di scienza dello spirito, che descrive in modo obiettivo la dimensione spirituale dell’uomo. Essa rivela che lo spirito non è una nuvola di pensieri emanata dal cervello, ma che è invece la realtà originaria che sta dietro a tutte le manifestazioni esteriori visibili. Questa percezione ci permette di avvertire il carattere attivo e reale della nostra propria vita spirituale. I pensieri d’amore sono delle realtà e agiscono. Non soltanto i pensieri d’amore per le persone che amiamo, per la natura, bensì – e soprattutto – i pensieri d’amore per chi ci è difficile da amare, per chi ha forse una visione che non condividiamo, per chi ci ha ferito, per chi percepiamo come un nemico. L’amore è una capacità molto concreta: ogni uomo la detiene e può impiegarla se vuole superare se stesso.
«L’amore è la forza più potente del mondo, eppure è anche la più umile che si possa immaginare», affermò Gandhi. L’amore è una forza che è in grado di trasformare radicalmente il mondo da dentro. Steiner formulò con queste parole il principio di pace del movimento antroposofico: «Noi non combattiamo, noi facciamo qualcosa di diverso: coltiviamo l’amore, e sappiamo che con questa cura dell’amore la lotta è destinata a scomparire. Alla battaglia non rispondiamo con la battaglia. Alla battaglia rispondiamo con l’amore, nutrendo e curando l’amore. […] La battaglia non si vince con la battaglia, l’odio non si vince con l’odio: in verità, battaglia e odio si vincono solo mediante l’amore». (14)

Stefan Krauch, Leben heißt Lieben (Vivere significa amare)
Note
6) Unsere Weltlage. Krieg, Frieden und die Wissenschaft des Geistes, Berlino, conferenza del 12 ottobre 1905 <La nostra situazione mondiale. Guerra, pace e scienza dello spirito>, O.O. 54.
7) Ibid.
8) Bruderschaft und Daseinskampf, Berlino, conferenza del 23 novembre 1905 <Fratellanza e lotta per la sopravvivenza>, O.O. 54.
9) Hannah Arendt, L’umanità in tempi bui, RaffaelloCortina Editore 2006.
10) Bruderschaft und Daseinskampf, Berlino, conferenza del 23 novembre 1905 <Fratellanza e lotta per la sopravvivenza>, O.O. 54.
11) Albert Einstein, Sigmund Freud, Perchè la guerra?, Bollati Boringhieri 1997.
12) Ibid.
13) /en.wikisource.org/wiki/Correspondence_between_Tolstoy_and_Gandhi
14) Unsere Weltlage. Krieg, Frieden und die Wissenschaft des Geistes, Berlino, conferenza del 12 ottobre 1905 <La nostra situazione mondiale. Guerra, pace e scienza dello spirito>, O.O. 54.