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Florilegio – La Filosofia della Libertà

Emil Nolde - Arbusto a fioritura gialla - (1906)
Immagine: Arbusto a fioritura gialla – Emil Nolde (1906)

 

Giovedì 5 febbraio 2009 – dal vol. 5 (La verità unisce gli uomini)

[…] La filosofia della libertà, proprio tutto il testo, prima e seconda parte, tratta di un primo elemento, di una prima realtà che viene subito dopo il fisico e che non è più materialmente percepibile, non è più fisico-materiale.

Se uno dice: ma non esiste nulla oltre alla materia, te le sei inventate tu queste altre realtà!, se non vede altro, vuol dire che non vede altro. Si può convincerlo che c’è altro oltre a ciò che è fisico? Fortunati se riusciamo a convincere noi stessi!

Qui c’è il punto di passaggio, che è un abisso, un Rubicone, tra ciò che è fisico e percepibile a tutti e una prima realtà soprasensibile che (sempre ammesso che ci sia, eh?, qui non vendiamo dogmi) viene chiamata l’eterico, cioè il vitale – siccome la clorofilla delle piante, primo regno vivente dopo il minerale, ha il colore verde, lo disegniamo verde.

Gli addetti ai lavori avranno subito pensato che il primo elemento che non è più sensibile, materiale, fisico sia il pensare. Però, se traduciamo la parola «pensare», vediamo che è un «tessere in pensieri». Quando noi tessiamo in pensieri, cioè passiamo di pensiero in pensiero e connettiamo vivacemente un concetto all’altro con un filo logico – non in senso morto: qui c’è una pietra e accanto c’è un’altra pietra –, questo tessere non è più fisico, non è più materiale, non è più percepibile agli occhi del corpo fisico. Però c’è, è una realtà. Tutti tessiamo in pensieri, lo facciamo sempre, lo facciamo tutti perlomeno a livello iniziale, embrionale. Pensiamo.

Pensare è un tessere, è un plasmare in un elemento che non è una realtà fisica.

Per esempio, quando io dico: quante gambe sono necessarie, come minimo, perché si possa avere una sedia? Una non basta, non è una sedia se ha una gamba sola: mio papà, quando mungeva, si appoggiava a un affarino che aveva una gamba sola, ve lo ricordate?, però quello non lo chiamavamo sedia. Cosa sto facendo? Sto arzigogolando nell’elemento del pensare per arrivare al concetto di sedia.

[…] La filosofia della libertà, questo testo che sembra per filosofi ma che non lo è per niente, è tutto fatto, dall’inizio fino alla fine, per dire all’uomo: guarda, guarda, guarda che la cosa più importante è proprio quella che tu fai sempre senza neanche porci attenzione! E perché è la cosa più importante di tutte, quella che tu fai tessendo e cesellando e plasmando e lavorando nel pensiero? È la cosa più importante perché è quella che fai tu. Tutto il resto esiste senza di te, non ci puoi far nulla: è così com’è.

Nel tuo processo di pensiero, invece, tu hai la possibilità di diventare sempre più attivo, sempre più fantasioso, sempre più artistico, sempre più volitivo. Il pensare diventa una tua creazione e in essa puoi ricreare tutti i pensieri divini.

Cos’è il mondo? Il mondo è una pensata senza fine, una pensata che non finisce più! Questo è il mondo. Il mondo sono pensieri, l’origine del mondo sono pensieri.

[…] Il livello del pensiero è soltanto il primo passo oltre il fisico-materiale, è il livello 2. Poi c’è tutto il mondo dell’anima (corpo astrale), livello 3, dove ci sono le forze del karma – naturalmente La filosofia della libertà non entra nel merito delle forze del karma: sto solo mettendo in rilievo che questo testo ci fa accedere alla prima realtà soprasensibile –, e poi, ancora più importante, c’è il campo d’azione dell’Io, il livello 4, l’individualità.

I QUATTRO LIVELLI DELLA REALTÀ DELL’UOMO

I QUATTRO LIVELLI DELLA REALTÀ DELL’UOMO

[…] L’affermazione fondamentale de La filosofia della libertà dice: carissimo essere umano, c’è un primo elemento sovrasensibile, puramente spirituale, direttamente percepibile a tutti ed è il pensare. Non c’è accesso scientifico allo spirituale se non attraverso questa cruna dell’ago del pensare: tutto il resto è un abbindolare, è una specie di ricatto che mi chiede di nuovo di credere. Ma io non voglio credere! E allora ti resta la percezione. Però, per fortuna tua, questi architetti divini – come li vogliamo chiamare? chiamiamoli «natura» – hanno creato l’uomo in un modo tale che non soltanto produce nel pensare una realtà puramente spirituale, ma ha addirittura la possibilità e la capacità, se si esercita, di percepire per via introspettiva questa realtà, questa creazione in opera continuamente.

Attraverso questa cruna dell’ago di me che percepisco me come pensante, come spiritualmente creante, attraverso questa porta entro nella realtà di ciò che è spirituale. Questo convincimento scientifico in base a percezione e concetto – sto elaborando il concetto del pensare paragonato col credere –, questa conoscenza scientifica dello spirituale è astronomicamente più convincente rispetto al credere. Il credere non è più convincente per chi vuole conoscere.

A questo punto è ovvio che c’è un certo discernimento degli spiriti perché, essendo abituati a percepire soltanto ciò che è materiale, essendo abituati a una scienza naturale che addirittura vorrebbe convincerci che esiste soltanto ciò che è materiale – e così facendo va oltre il segno, naturalmente –, molti si scoraggiano e dicono: ma è così rarefatto questo elemento del pensare, così astratto, così difficile!

 

[…] La filosofia della libertà è una specie di partitura, un manuale per diventare in fatto di pensiero un’autorità in assoluto. Ognuno. È il manuale dell’autonomia spirituale, perché pensare significa diventare autonomi.

L’alternativa al pensare in proprio è il credere ai pensieri dell’altro, ma chi crede ai pensieri dell’altro? Chi non li ha. Perché se me li creo io, i pensieri, non ho bisogno di credere a quelli degli altri. Ma se i pensieri dell’altro sono migliori dei miei! No, i pensieri dell’altro sono sempre assolutamente peggiori dei miei. Perché? Perché non sono miei! Per me i pensieri di un altro sono sempre i peggiori e i migliori sono sempre i miei, perché sono miei, indipendentemente da quanto siano belli o brutti. Non c’entra nulla: fondamentale è se sono miei o se li ho recepiti da un altro.

Il linguaggio è un’infinita ricchezza. La lingua italiana, per esempio, così bella e ricchissima, da Dante in poi si è soltanto impoverita: ma abbiamo sempre la possibilità di ritornare a questa sorgente cristallina e riprendere tante parole della Divina Commedia che non si usano più («indiare», per esempio).

Ora, vogliamo noi paragonare la ricchezza del linguaggio con i primi balbettamenti del bambino che comincia a parlare? Cos’è che vale di più: il linguaggio o i primi balbettii? Per il bambino valgono infinitamente di più i suoi balbettii, perché quelle parole le dice lui, sono sue!

E cosa ci dice la gioia del bambino quando comincia con le prime parole «pa-pà, mam-ma»? Ci dice che lo spartiacque non è il fattore di ricchezza o di contenuto, lo spartiacque è recepire dal di fuori o creare dal di dentro. Quello è lo spartiacque. Il bambino ora comincia a creare lui stesso le parole, e ogni parola che dice ha infinitamente più valore che non tutta la ricchezza del linguaggio che non viene creata da lui.

 

[…] La filosofia della libertà è un incoraggiamento dall’inizio alla fine ad afferrare questo elemento del pensare nel quale siamo. Però ci siamo embrionalmente, non ci siamo di primo acchito da gran signori, non subito da gran creatori, perché se noi fossimo già in partenza infinitamente creatori nel pensare non ci sarebbe gusto (il concetto è un po’ paradossale). Quello che io già so fare mi realizza molto di meno che non quello che sto imparando!

L’elemento specifico dell’umano non è il riposare nella durata, in ciò che eternamente è, ma è il dinamismo del divenire, del conquistarsi a brano a brano, dei passi da fare, degli esercizi da compiere. Scoprire e capire cose che fino a ieri non avevo notato e capito.

In altre parole, l’evoluzione del pensare è quel tipo di evoluzione che massimamente è lasciata alla libertà dell’uomo, e perciò è quella che dà più soddisfazione di tutte, perché lì è tutto individualmente da scoprire, da esercitare, e ognuno ne ha la capacità. Questa è l’uguaglianza.

Pensate alla Rivoluzione francese che ha posto tre grandi e bellissimi ideali: la libertà (eh!, ne stiamo parlando proprio in questi incontri), la fratellanza, cioè l’aiutarci a vicenda nel costruire l’umano, e l’uguaglianza.

In che cosa sono uguali gli esseri umani, proprio assolutamente uguali? Non nel portafoglio, non nella salute, non nell’età… e non mi trovate qualcosa di marginale, di non importante: dev’essere qualcosa di veramente centrale, di essenziale all’umano in cui siamo tutti assolutamente uguali – non importa se uomini, donne, italiani… E allora vedrete che tutti gli esseri umani sono ugualmente una infinità potenzialità di pensiero. Tutti ugualmente. Un’infinita potenzialità di evoluzione del pensare.

E le differenze sono in base alla libertà: l’uno esercita di più questa potenzialità, l’altro un po’ di meno. Ma non siamo diversi come potenzialità, perché se lo fossimo i conti non tornerebbero col Padreterno che dovrebbe essere pieno di amore e che invece avrebbe fatto dei torti enormi a tutti coloro cui avesse dato meno capacità, meno potenzialità di pensiero.

La pari dignità dell’umano è che essere uomo significa avere uguali potenzialità in assoluto nell’evoluzione del pensiero, nel capire le cose, nel ricreare nel proprio spirito la creazione intera. Questa uguaglianza la si può vivere nella misura in cui io mi pongo di fronte al mio simile come potenzialità assoluta al pensare e gli porto incontro questo rispetto, questa venerazione genuina che travalica il colore della sua pelle, la sua lingua materna, la sua religione, e lo prende come creatura del Logos, come potenzialità in assoluto, come me, a pensare.

Questo incontro pone la base dell’umano. Ci incontriamo, tu e io, ugualmente come creature del Logos, di questo pensare cosmico che ci rende capaci di ricreare tutti i pensieri divini all’infinito.

[…] L’essere umano normale ritiene il mondo già tutto costituito, già tutto completo, e il pensare per lui è una pura ripetizione soggettiva del mondo che non cambia nulla, non fa parte del mondo. La coscienza normale pensa che il pensare, ciò che avviene interiormente nel mio pensiero, è soltanto un modo di riflettere un mondo che è già tutto a posto, tutto fatto senza di me. Che il mondo non esisterebbe proprio senza questo tessuto del pensare che io vivo, che l’albero di cui parlo è un tessere di pensieri, all’uomo ordinario non viene neanche in mente.

Il mondo è il pensare divino reso visibile – e sennò che altro può essere? Il vangelo di Giovanni dice lapidariamente: il Logos si è fatto carne. I pensieri divini sono diventati percepibili. «Si è fatto carne» vuol dire che i pensieri divini sono diventati percepibili. L’albero, nella mente divina, è tutto un processo di pensieri: nella percezione questi pensieri divini si sono intrisi di materia minerale e sono diventati percepibili.

Perché il Logos si è fatto carne? Perché i pensieri divini sono diventati percepibili?

Intervento: Perché l’uomo dalla percezione ritorni al Logos.

Archiati: Per renderli pensabili per l’uomo. Il percepibile è il pensabile. Per essere pensato dall’uomo, per dare all’uomo la possibilità di pensarlo, di accendere il pensiero, il Logos doveva diventare percepibile, perché il pensare umano si accende di fronte alla percezione.

Logos significa non soltanto il Verbo, ma Verbo interiore (Verbum interius et exterius). Logos, la logica, significa in greco sia il pensare, sia il linguaggio. Ora, che differenza c’è tra il pensare e il linguaggio? Il linguaggio esprime (es-prime = preme fuori) i pensieri, quindi i pensieri sono in origine spirituali, invisibili, e si rendono percepibili attraverso il linguaggio. Quindi il mondo, tutto il percepibile, è il linguaggio, l’espressione resa percepibile dei pensieri divini.

La parola greca Logos è bellissima perché significa sia pensare (la logica divina), sia esprimere i pensieri (lèghein, significa parlare, dire, esprimersi, quindi esprimere pensieri). Le percezioni sono dunque pensieri divini espressi. La natura è il linguaggio divino che va letto, va ascoltato, va capito.

Una umanità che è diventata sempre più materiale, di queste due dimensioni del Logos (pensare ed esprimere pensieri) ha perso di vista sempre di più la prima e ha tenuto soltanto la seconda. Perciò quando diciamo In principio erat Verbum, in questo passare dal greco al latino, si fa un salto mortale perché la dimensione di pensiero della parola Logos è andata perduta. Per non dire, poi, quel che succede passando dal latino all’italiano, perché nel latino Verbum c’è anche la parola interiore che in italiano è andata persa. Nelle traduzioni italiane più antiche troviamo: In principio era il Verbo, però oggi la parola «verbo» in italiano rimanda all’analisi logica – sostantivo aggettivo verbo – e non ti dice più nulla. In una traduzione che oggi dica: In principio era la Parola, sparisce proprio del tutto la dimensione del pensiero che c’era nella parola greca.

Schema Logos-Verbo-Parola

È importante rendersi conto di queste cose, perché il vangelo di Giovanni è scritto in greco non in italiano: “en arché en o Lògos”, in principio era il Logos («il principio» è una realtà spirituale), questo Logos è la logica, i pensieri divini etericamente operanti come forze viventi che creano le cose.

L’architetto ha in testa la casa: forme, numero di stanze, numero di finestre qua, numero di porte là, quanto devono essere grosse ecc… sono tutti pensieri nella testa dell’architetto. Operano qualcosa questi pensieri? Sono morti o sono vivaci, viventi, operanti?

Tutti questi pensieri fanno muovere un sacco di mattoni, li fanno andare in quel posto lì, in quel posto lì, e poi là… Più vivaci, più operanti di così non si può! Quindi massimamente operanti, nel senso che combinano qualcosa, sono proprio i pensieri.

E se non ci fossero i pensieri, chi o che cosa avrebbe messo in moto i mattoni che prima erano un mucchio informe e dopo sono diventati una casa? Chi altri avrebbe potuto metterli in moto? I pensieri, solo i pensieri.

Voi direte: no, le braccia e le gambe fanno muovere i mattoni. Ma senza i pensieri come si muovono le braccia e le gambe? Quindi non mi dite che il pensare è una cosa astratta: è così reale, lo tocchiamo con mano! Basta soltanto riflettere, è molto importante riflettere sulle cose.

Il materialismo è proprio la povertà estrema, l’ultimo gradino dell’impoverimento dell’essere umano che ha perso ogni barlume di realtà, perché il mondo della materia ha soltanto effetti, risultati. Causante, operante è tutto ciò che è spirituale, e l’ultimo livello dello spirituale è quello dei pensieri.

Infatti, se noi andiamo più avanti, incontriamo un altro livello. Consideriamo un architetto che ha architettato nella sua testa una casa: la fa o non la fa? I pensieri ci sono, ma la casa la fa o non la fa? La fa soltanto se questi pensieri li ama, e qui passiamo dall’eterico all’astrale, dal corpo eterico al corpo astrale, dal vivente all’animico. L’animico anima questi pensieri, vuole questa casa, gli piace, altrimenti potrebbe rimanere una bella pensata senza realizzazione.

Quindi alla base del mondo non basta che ci siano i pensieri divini, devono essere pensieri amati, belli, di cui il creatore sia entusiasta e dica: lo faccio, lo faccio, lo faccio! Questa pensata della giraffa… ma certo, la faccio! Non la lascio soltanto una pensata.

I quattro livelli della realtà

4. essere spirituale, io creatore

3. corpo astrale, o anima

2. corpo eterico-vitale, o corpo dei pensieri

1. corpo fisico percepibile

Vediamo allora che si risale dal vivente dei pensieri, all’accendersi dell’amore nell’animo fino allo spirito che ha creato questi pensieri e che li ama e perciò li compie, li rende percepibili, affinché l’essere umano accenda di fronte alla percezione i suoi pensieri, affinché li ami, questi pensieri, e in base a questo amore riempia il suo spirito creatore di questi stessi pensieri.

 

Giovedì 30 settembre 2010 – dall’introduzione alla seconda parte della Filosofia della libertà – vol. 8

La prima parte della Filosofia della libertà è intitolata La scienza della libertà e la seconda parte si intitola – cosa bellissima – La realtà della libertà. La differenza si evince proprio da questo modo così essenziale di esprimere queste due dimensioni. Il pensare, il riflettere, il ragionare ci fa capire, ci dà la scienza, la conoscenza, il sapere riguardo alla libertà, cosa ci dice la scienza della libertà? Si può riassumere in un enunciato, in una frase? La scienza della libertà ci dice tutta la prima parte che la libertà è l’essenza dell’uomo, e che la libertà è nel pensare. L’uomo è l’essere pensante e poiché è l’essere pensante è l’essere che è libero, essere liberi e essere pensanti è la stessa cosa. Però a che mi serve sapere in chiave di scienza, di conoscenza che la libertà è l’essenza dell’uomo se non la realizzo? Quindi la libertà non è soltanto un fatto di conoscenza, che io vengo a sapere, ma è un fatto morale, la libertà diventa reale solo nella misura in cui l’uomo la realizza.

Quindi questa seconda parte, realtà significa la realizzazione, il rendere reale la libertà, esercitarla, portarla all’essere, non soltanto sapere tutto sulla libertà ma vivere da liberi. E perciò ci dicevamo che la seconda parte in un certo senso, è ancora più interessante, più micidiale, perché si tratta adesso di vedere in che modo l’individuo realizza, fa della libertà conosciuta una realtà, la realtà della sua vita, la realizza, proprio la crea, la seconda parte è il creare la realtà della libertà, viene creata, la libertà è qualcosa che l’uomo crea, e se non la crea non c’è. Ognuno ha tanta libertà quanta ne crea, quanta ne realizza, e potenzialmente ognuno la può realizzare all’infinito, non ci sono limiti alla realizzazione della libertà.

Un altro modo di riassumere la prima e la seconda parte, la prima parte Steiner la riassume in tedesco con la parola Gedankenmonismus, un monismo di pensieri. Il monismo del pensare, quindi la prima parte esprime la logica del pensare, cos’è il mondo? È il pensare del Logos, il più grande pensatore logico che ci sia, i greci lo chiamano Logos, il pensatore divino, il pensatore supremo, il pensatore più artistico più creatore che ci sia, ha sfornato col suo pensare il mondo. Cosa sono le cose? concetti del Logos, idee del Logos, pensieri del Logos, un bel giorno ha avuto il pensiero della rosa e la rosa fu! Perché cos’è la rosa? Un pensiero. Ha avuto un pensiero della giraffa, e la giraffa fu! Cos’è la giraffa? Un pensiero.

Tutto è pensiero, ogni cosa è una struttura di pensiero. Anche una macchina una Gilera, io ho fatto quattro anni a Roma in Gilera, poi si è rotta e gli altri cinque anni li ho fatti in bicicletta, allora ho notato che ci sono sette Colli a Roma! Una Gilera cos’è? anche una bicicletta cos’è? una struttura di pensiero realizzata, se non c’è alla base una struttura di pensiero non salta fuori una macchina, anche una casa è una struttura di pensieri. Quindi tutto è all’origine pensare creatore, il pensare come potenzialità all’infinito e i pensieri, i singoli concetti sono attualizzazioni puntuali di questa facoltà all’infinito del pensare. E il pensatore a livelli astronomici, i greci lo chiamavano il Logos, ma non soltanto i greci anche il Vangelo di Giovanni dice: en archè en o Lògos all’inizio di tutto ci fu, c’era, c’è sempre il pensare creatore, il pensare che crea intuitivamente. Noi creature del Logos, fatte a immagine e somiglianza del Logos partecipiamo di questa facoltà creativa, artistica in assoluto che è il pensare.

La differenza tra la prima e la seconda parte della Filosofia della libertà sta nel fatto che l’allenamento del pensare sta dapprima nel pensare le cose che sono già state pensate dal Logos. Le cose che ci sono, il mondo che c’è, questo appunto è stato fatto diverse volte: ma se noi possiamo soltanto pensare le cose che sono già state fatte, già state pensate, già state realizzate, non siamo liberi! Io non sono libero nel creare a modo mio, come pare a me la rosa, sono determinato in un certo senso da quella struttura di pensiero che il Logos ha messo alla base della rosa, non posso inventarla io in un modo diverso la rosa! Imparando a conoscere, venendo a sapere che all’origine, alla base che la scaturigine di tutto ciò che è conoscibile in quanto già esiste, c’è il pensare che per natura sa pensare cose che non ci sono, le crea, allora dico: allora ci deve essere un’altra dimensione, una seconda dimensione del pensare che si riferisce alla creazione che io immetto nel mondo e che ancora non c’è. E che cos’è che l’uomo crea in assoluto perché prima non c’è mai stato? Ciò che fa lui individualmente se lo fa non copiando nessuno, inventando qualcosa di nuovo che prima non c’è mai stato.

Adesso lo dico in nuce, lo dico cogliendo la cosa nel centro: ognuno di noi ha la percezione, il pensare si accende sempre nella percezione, ha la percezione della sua situazione di vita. Prima di tutto la mia situazione di vita è unica, non ci sono due situazioni di vita uguali, perché compresa nella mia situazione di vita c’è la compagine di tutte le mie forze fisiologiche, fisiche e quindi il mio corpo in tutti i suoi miliardi di frammenti non può essere paragonato a un altro corpo. Poi nella mia situazione di vita c’è la mia compagine animica del mio cuore, del mio animo, del mio sentimento che non si può paragonare.

Poi tutti gli intrecci karmici di destino con altre persone, è chiaro non c’è bisogno di tirarla lunga, la situazione di vita di ognuno è unica, e adesso uno dice: che faccio? Se per sapere cosa fare si rivolge a delle norme generali, a dei comandamenti, è una cosa legittima finché si è bambini non ancora creatori. Finché si rivolge a delle norme di comportamento generali non è un creatore, non crea un comportamento, un modo di realizzare qualcosa nel mondo, di realizzare se stesso che è del tutto nuovo. Però ciascuno di noi lo sa che ha la possibilità, ha la potenzialità, la capacità di dire: no, un momento!, ciò che io faccio in questa situazione di vita, in questo momento ecc. lo voglio cogliere, lo voglio creare io intuitivamente! E l’intuizione, il concetto di un’azione è un concetto come tutti gli altri, è un concetto se io lo creo intuitivamente non copiando nulla, non ubbidendo, non ripetendomi ecc. è una creazione dal nulla, nuova, da qualcosa di nuovo.

Questa possibilità, che è la più sublime che ci sia dell’essere umano in chiave morale, nel versante morale, – la prima parte della Filosofia della libertà è il versante intellettivo di conoscenza del mondo, la seconda è il risvolto morale –, questa capacità di realizzarsi in modo intuitivo, unico, del tutto individuale Steiner lo chiama “individualismo etico”. Monismo di pensieri cioè un cosmo oggettivo di pensieri come lo ha creato il Logos e aperto alla realtà, alla realizzazione della libertà in chiave morale ad ogni individuo è l’individualismo etico. La legge – che poi non è una legge –, la legge di comportamento dell’individualista etico è: io faccio, io voglio fare quello che l’artista in me crea in quanto comportamento, in quanto azioni, in quanto realizzazioni, crea come qualcosa di mai esistito prima. E questo artista che crea in assoluto qualcosa che prima non c’è mai stato, potenzialmente c’è in ogni essere umano.

Questo livello della moralità è quello più sublime, quello più morale, quello più buono, moralmente buono che ci sia, tutto il resto serve a rendere possibile, e vedremo lo accenno solo adesso come piccola introduzione, che un’etica degna dell’uomo deve imparare… Noi abbiamo un’etica non soltanto da Immanuel Kant, anche dal cattolicesimo abbiamo un’etica che diventa sempre più anacronistica, un’etica di sottomissione, di ubbidienza. L’etica dell’ubbidienza va bene per il bambino perché il bambino non può ancora attivare questa sorgiva creatrice della moralità che realizza la libertà. Per gli adulti un’etica di ubbidienza è massimamente immorale perché cancella addirittura, presenta come immorale, l’apice supremo della moralità che è la realizzazione dell’individualità nella sua unicità, un arricchimento dell’umanità che io solo posso dare.

Tutta l’etica che noi conosciamo, se facciamo un’eccezione con questo libro, con questo testo fondamentale sulla libertà è un’etica che diventa sempre più anacronistica, sempre più disumana. La legislazione, poi c’è sempre subito chi dice: ma allora se ognuno fa quello che vuole succede il caos, vedremo nel IX capitolo già in questi giorni come Steiner continua proprio a rispondere, a rintuzzare queste obiezioni che vengono fatte alla libertà. Il compito della legge, della deliberazione sempre aperta, un pensiero che ho espresso diverse volte che va sempre di nuovo esercitato, la legge ha solo il diritto di stabilire azioni proibite. In campo di norma generale si possono solo proibire certe azioni, vi ho già spiegato altre volte che non è possibile comandare un’azione. I famosi dieci comandamenti di Mosè, non sono dieci comandamenti, sono dieci proibizioni: “non rubare, non uccidere”. Quali azioni vanno per legge proibite? Con la possibilità, anzi col dovere di mettere in prigione, di limitare la presunta libertà che poi non è libertà, ma è prigionia dell’istinto, quali azioni vanno proibite? Le azioni che ledono la libertà, e basta! E azioni che ledono la libertà la persona libera non le vuole! non le ha mai volute, non le farà mai, quindi resta libero. Nella misura in cui impariamo ad omettere, a non fare azioni che ledono la libertà dell’altro è permesso tutto, ogni azione che non lede la libertà altrui ha ragione di essere, manca il motivo per proibirla perché l’unico motivo per proibire un’azione è che lede la libertà.

Questo come accenno alle cose grosse che ci aspettano in questa seconda parte della filosofia della libertà. La prima parte conoscere il mondo che c’è, la seconda parte creare un mondo che non c’è, e così come la legge del creare per il Logos, lo Spirito del Sole emana luce di pensiero, emana calore dell’amore. Quindi l’origine del creare è il pensiero che crea cose così belle che vengono amate, e perciò vengono realizzate. Nella Bibbia si legge all’inizio: «e Dio vide che tutto era bello, tutto era buono», bello e buono in ebraico e in greco sono la stessa parola…

Quindi nell’individualismo etico ognuno realizza la realtà della libertà: sono io, il mio io, la realizzazione dell’Io, in quanto arricchimento unico e irripetibile dell’organismo dell’umanità.

 

Le registrazioni audio dei seminari tenuti da Pietro Archiati su “La Filosofia della Libertà” di Rudolf Steiner si possono trovare a questo indirizzo:

https://www.liberaconoscenza.it/download/liberaconoscenza-download-audio.html#seminarifilosofia