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PER L’ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI ELISABETH VREEDE

Elisabeth Vreede - anniversario della nascita

Il 16 luglio 1879 (un anno epocale) nacque Elisabeth Vreede: in questa occasione desideriamo ricordarla e provare ad avvicinarci a un personaggio rimasto sconosciuto ai più. La documentazione e le informazioni riguardanti il suo lavoro e la sua biografia sono scarse e lacunose, al punto che è tuttora presente il rischio che svaniscano nell’oblio. Il ruolo di membro della prima Presidenza e la direzione della sezione di matematica e astronomia della Libera Università non le evitarono lo stato di isolamento che un destino molto particolare le aveva riservato. La sua esistenza passò praticamente inosservata, e tale evanescenza è da ricondursi innanzitutto a un animo profondamente umile e discreto.

Sebbene le tracce lasciate dai suoi passi siano quasi invisibili, grande è stato il percorso da lei intrapreso coraggiosamente e ancor più grande l’impulso da lei donato per il futuro, un impulso che ancora attende di esser accolto. «L’essere dell’antroposofia» scrisse Elisabeth Vreede in una lettera privata del 1934 «io stessa l’ho sempre percepito come un nuovo essere spirituale creato da Rudolf Steiner, in certo senso il primo essere delle gerarchie generato dall’uomo, giovanissimo e non ancora sviluppato completamente, proprio come in un bambino – un essere, che ora deve anzitutto continuare a svilupparsi grazie al nostro comune lavoro come “comunità di conoscenza” e grazie all’impulso congiunto del suo creatore dal mondo spirituale.» (cit. in Elisabeth Vreede, ein Lebensbild, M. P. van Deventer – E. Knottenbelt, Arlesheim 1976, pag. 10.)

La dottoressa M. van Deventer e la scrittrice M. J. Krück von Poturzyn, due tra le rarissime persone molto vicine a Elizabeth Vreede, intuirono l’immenso valore spirituale del suo contributo per l’antroposofia, del tempo presente e futuro, e offrirono le loro testimonianze per garantire la continuità del ricordo. Affinché tale patrimonio non andasse perduto, le due amiche si rivolsero idealmente ai posteri riponendo in essi la speranza di vedere accolto l’impulso straordinario lasciato dalla Vreede.

A 33 anni dalla sua morte – avvenuta il 31 agosto del 1943 – Madeleine van Deventer tentò ancora di salvarne il ricordo e l’opera con un accorato appello (in: Nachrichtenblatt der Wochenschrift, Das Goetheanum 22.8.1976):

«Ci troviamo ora all’inizio di un secondo ciclo di 33 anni dopo la sua vita terrena. La sua individualità avrà ora la possibilità di influire sul modo di vedere delle persone, e di superare così la tragedia che dovette sopportare in vita, cioè il fatto che il suo lavoro non avrebbe dato frutti?  E nel frattempo, sarà maturata una generazione che sia pronta e capace di operare partendo dallo spirito di lei? Questa sarebbe un grande risorsa  per il proseguimento del nostro lavoro, perché si tratta di un’individualità altamente significativa che ora entra in una nuova fase di efficacia.»

Questo appello, rimasto quasi inascoltato, è posteriore al breve ma notevole schizzo biografico donatoci da M. J. Krück von Poturzyn nel 1953 e che riportiamo qui di seguito in traduzione. Questa testimonianza, nonostante l’apparente semplicità, oltre a fornire un ritratto accurato della Vreede è rivolta a chi non ebbe la possibilità di conoscerla “da vicino”, da contemporaneo. Il suo intento è simile a quello espresso in seguito e con maggiore urgenza da M. van Deventer.

Possa la grazia di questo ritratto essere ancora oggi un omaggio a Elisabeth Vreede, e possa il suo contenuto parlarci apertamente.

Buona lettura!
Alessandra Coretti

 

J. Krück von Poturzyn, Elisabeth Vreede (contributo tratto da Elisabeth Vreede, ein Lebensbild, M. P. van Deventer – E. Knottenbelt, Arlesheim 1976, Pagg. 100-102.)

Era il 31 agosto di dieci anni fa, quando Elisabeth Vreede morì ad Ascona. Si desidera evocare un’immagine della sua esistenza terrena per i molti che da allora non hanno più sentito menzionare il suo nome, – e non tanto per noi, che potemmo invece conoscerla: per noi ella oggi splende molto più vicina a quelle stelle dalle quali nell’anno di Michele, nel 1879, portò sulla Terra coraggio, fedeltà e senso di verità. Eppure, tanto trasparente fu la sua vita nel risoluto individuare il maestro, nel nome dell’assoluta dedizione a lui e all’antroposofia, tanto è al contempo difficile delineare l’immagine di Elisabeth Vreede con parole che possano trovare grazia di fronte all’inesorabile semplicità che le fu propria. È consentito dire che difficilmente si poteva conoscere una donna di intelligenza così lampante e ricettiva, di intelligenza così infallibilmente sana? Ancora al di là di questo, ciò che di lei poteva rivelarsi come capacità di ispirazione doveva venir per lo più presagito e sondato, perché si celava sotto un manto di grande e disinteressato riserbo. La sua straordinaria memoria ovviamente era nota a tutti, in quanto conservava non soltanto tutte e due le parti del Faust, parola per parola, ma anche i dettagli delle migliaia di conferenze di Rudolf Steiner, che ella raccolse riordinandole in un primo archivio, dopo averle sentite, praticamente tutte, di persona. Era questo un lavoro ausiliare che ella offriva parallelamente [alle proprie mansioni]: essere un registro vivente per chiunque volesse sviscerare un tema dall’immensa opera del maestro.

Quello che avvenne riguardo alla cinquina [della Presidenza] nella quale il dottor Steiner la chiamò in occasione del Convegno di Natale, potrà venir riconosciuto in piena chiarezza solo quando i nostri occhi miopi impareranno a vedere nella prospettiva della storia universale, quando dal legno della sofferenza fioriranno le rose di una comunità più grande. L’incarico di membro della Presidenza e di direttrice della sezione di matematica e astronomia al Goetheanum rappresentò il punto culminante nella vita di Elisabeth Vreede, e gli dèi non misurano un avvenimento terrestre in base alla lunghezza o alla brevità del suo tempo.

Alla svolta del secolo Elisabeth Vreede, una delle prime studentesse femmine di matematica e astronomia, conseguì un dottorato all’università di Leida, nel proprio paese. Allora studiò anche il sanscrito e la lingua pali, per approfondire la matematica degli antichi Indiani; con tutta la sua energia prese però anche parte alla vita studentesca, allo sviluppo dell’indipendenza spirituale delle donne, fondò addirittura un club di canottaggio femminile e, come fece poi per l’intera vita, si interessò a tutto ciò che accadeva nel mondo. Come membro della Società Teosofica, Elisabeth Vreede incontrò Rudolf Steiner a Londra nel 1903, nel periodo in cui venne pubblicato Il cristianesimo come fatto mistico. «Me lo ricordo esattamente, quel giorno indossavate un vestito verde», le disse il maestro a vent’anni di distanza da quel primo incontro. E quando nel 1904, ad Amsterdam, egli tenne la prima conferenza alla quale ella presenziò, parlò di matematica. Per lei fu il momento decisivo.

L’attività sociale svolta da Elisabeth Vreede – fu insegnante di matematica in un ginnasio olandese, cofondatrice di un ufficio di sostegno per prigionieri di guerra a Berlino, durante il primo conflitto mondiale; collaborò alla realizzazione dei drammi mistero a Monaco; partecipò all’intaglio dei capitelli del primo Goetheanum; poi lavorò con entusiasmo per la triarticolazione sociale, che infiammò da subito il suo cuore; in occasione dell’inaugurazione del primo Goetheanum fece una profonda impressione sulle generazioni più giovani con una conferenza dedicata alla teoria della relatività – tutto questo, non può venir scritto in caratteri terreni. Nemmeno lo possono i suoi successivi viaggi attraverso l’Europa, in Palestina, in Egitto, o la sua attività di conferenziera svolta in quattro lingue, l’aiuto silenzioso che offriva attivamente, le lezioni e i suoi consigli, che innumerevoli amici sperimentarono nella sua casetta ad Arlesheim. «Tra non molto tempo mi si dimenticherà», diceva agli amici con quel suo modo fresco e non sentimentale. Ma quegli stessi amici conoscevano anche l’affermazione di Rudolf Steiner: «La signorina Vreede è una delle pochissime persone che comprendono le mie conferenze». – La notte era per lei il momento migliore per lavorare. Sulla base degli insegnamenti del suo maestro e della propria conoscenza degli astri, dopo la dipartita di Rudolf Steiner ella strutturò ciò che desiderava trasmettere ad agricoltori, medici, pedagoghi e studenti di astronomia. Una parte di questi lavori è confluita nelle sue Lettere astronomiche.

La cerchia di amici intimi che ella aveva attorno a sé non fu mai grande. Ciò può spiegarsi con il destino che, solo per amore dell’opera del maestro, condusse Elisabeth Vreede sulla Terra troppo presto e al di fuori del circuito karmico che le apparteneva. Per molte persone ella era inoltre come una pietra di paragone circa la fedeltà all’antroposofia che viveva in loro. Soltanto questo contava per Elisabeth Vreede. Per quanto fragile potesse sembrare, così semplice e amorevole quale era, – ella era una roccia sulla quale si poteva costruire. E questo possano saperlo i posteri: sempre, dove e quando l’antroposofia chiama, Elisabeth Vreede sarà presente.

Elisabeth Vreede

Elisabeth Vreede