Un articolo di Giovanna Fassino
Giovedì 19 settembre ricorre il centesimo anniversario della nascita di Jacques Lusseyran. Il 19 settembre 1924 egli è nato a Parigi, dove ha compiuto i suoi studi e all’età di otto anni ha perso la vista in seguito a un infortunio. Durante la guerra partecipa alla resistenza, viene arrestato dalla Gestapo e internato a Buchenwald. Insegnante di letteratura francese in varie università della Francia e degli Stati Uniti, lascia numerosi scritti (pochi ma fondamentali quelli tradotti in italiano) tra cui: E la luce fu (1953), Silence des hommes (1954), Ce que l’on voit sans les yeux (1958), Douce, trop douce Amérique (1968), Lo sguardo diverso (1970), e Contro l’inquinamento dell’Io, uscito postumo nel 1972.
Simone Rihouet-Coroze, per anni alla direzione della rivista Triades, scrisse: «L’incidente che lo privò della vista lo segnò per un destino eccezionale. Quel bambino sarebbe divenuto un uomo di valore, non paragonabile tuttavia a quello che la cecità totale lo ha fatto divenire. Lusseyran è un pittore della luce interiore».
Lo stesso Lusseyran, descrivendo la propria situazione, affermò: «Il mondo non mi era sfuggito di colpo, al contrario lo tenevo stretto più di quanto ne fossi capace prima. I miei occhi non si erano chiusi, si erano rovesciati. Ora guardavo il mondo dal di dentro».
La sua biografia è proprio da conoscere, c’è molto materiale su di lui: a partire da suo padre, un attivo antroposofo, poi dal suo amico e traduttore Conrad Schachenmann, da Hella Krause-Zimmer con un articolo sulla rivista Die Drei[1] e soprattutto la già citata Simone Rihouet-Coroze. Anche autori al di fuori dell’Antroposofia hanno scritto di lui ma la fama raggiunta non è pari a quella che meriterebbe un tale lottatore del suo/nostro tempo.
Ho ritrovato sulla rivista “Antroposofia” (n.6 del 1999) un articolo a lui dedicato per il settantacinquesimo della nascita scritto da Karin Haferland, dal titolo Il vedente cieco – la visione profonda di Jacques Lusseyran, cui segue Ritrovare la luce interiore – Conversazione con Conrad Schachenmann, intervista condotta da Thomas Stöckli: entrambi molto interessanti[2]!
Ho scaricato da “Academia.edu” il suo bellissimo libro di memorie (E la luce fu) che narra molti episodi: dal suo incidente scolastico occorsogli da bambino che lo rese cieco per il mondo sensibile ma vedente per la… luce (quando una facoltà si offusca è perché ne nasce una migliore!), ai giochi infantili liberi e spericolati (giocare è portare ciò che è celeste sulla Terra!), alla bellissima amicizia con Jean, allo studio della storia, della filosofia, delle lingue. Narra poi degli incontri con uomini che aveva il compito di selezionare perché diventassero affidabili partigiani, fino all’arresto, alle torture (per superare le quali recitava a memoria i primi capitoli della Critica della ragion pura di Kant) e alla deportazione nel campo di concentramento di Buchenwald in cui si ammalò più volte molto gravemente e sempre guarì per poter essere di aiuto agli altri…
Dalla libreria del Centro ho preso in prestito un suo libricino, Lo sguardo diverso (Filadelfia ed.), che era appartenuto ad Anna Farò, sono venticinque pagine in italiano con altre venticinque pagine di testo originale francese e una bellissima introduzione di Mario Tabet.
A pag. 25 leggo:
«Mio padre aveva da parecchi anni un’attività importante in seno alla sezione francese della Società antroposofica. Teneva regolarmente delle conferenze che occupavano tutto il suo tempo libero. Parlava molto, anche in mia presenza, di Steiner e della sua opera; a poco a poco comprendevo sempre di più, e il mio spirito era preso da una venerazione discreta, mai imposta».
Riporto ancora alcune frasi contenute nelle pagine, che hanno come segnalibro orecchiette e discrete sottolineature che, ne sono certa, fece Anna durante la lettura e lo studio del testo:
«...quel che importa sottolineare ancora una volta è il fatto che egli partecipò alla Resistenza perché, al pari di tanti altri, temeva la sottomissione dell’Europa al dominio nazionalsocialista e perché per lui la libertà, così come la luce, era un patrimonio inalienabile dell’uomo» (Mario Tabet).
A pag. 47 Anna ha sottolineato anche: «Un po’ per volta compresi che amare era vedere, odiare era la cecità, la notte».
Mentre, nell’ultima pagina, Lusseyran scrive di ordine e di disordine:
«Quanto all’ordine, esso consiste nella scoperta della creazione ininterrotta. Noi accusiamo continuamente le nostre condizioni di vita, le chiamiamo avvenimenti, accidenti, malattie, obblighi, infermità; vorremmo imporre alla vita nostre proprie condizioni, ecco la nostra vera infermità.
Così facendo dimentichiamo che Dio non crea mai per noi delle situazioni nuove senza darci allo stesso tempo delle nuove armi per fronteggiarle. Sono grato alla cecità di avermi impedito di dimenticarmene».
Per un caso davvero fortunato sono in possesso del numero di marzo 1984 della Rivista della scuola steineriana di Milano che riporta quanto Jacques scrisse nel luglio del 1971, pochi giorni prima di morire in un tragico incidente stradale.
Il titolo è Contro l’inquinamento dell’Io[3], e vi mette in guardia il suo pubblico (il testo fu scritto per una conferenza che non poté poi tenere) dei tragici pericoli a cui l’umanità andava incontro. In quegli anni droghe, raduni oceanici, mode… stavano minacciando il sano sviluppo dell’Io umano.
Oggi, con l’avvento della tecnologia digitale, quel messaggio è ancora più pressante e urgente, i suoi spunti sono stati raccolti dagli educatori?
Certamente la pedagogia steineriana ha tratto ottimi impulsi dalle testimonianze e dai libri di Lusseyran ma c’è ancora tanto da fare!
…Con la speranza di aver dato qualche spunto per approfondire la conoscenza di una persona davvero importante, un caro saluto!
Giovanna Fassino
Nota: Il titolo dell’articolo …E la luce fu, è tratto dalle bellissime memorie di Jacques Lusseyran, che si possono scaricare gratis in Pdf, oppure leggere direttamente, in questo sito:
https://www.academia.edu/44428458/E_fu_la_luce
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[1] https://diedrei.org/lesen/die-aufmerksamkeit-ist-der-horchwinkel-des-universums-jacques-lusseyran-197073383279
[2] Entrambi gli articoli sono consultabili presso la biblioteca del Centro Antroposofia di Torino
[3] Pubblicato nel 2004 da Il Capitello del Sole