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Andrej Dmitrievic Sakharov

Andrej Sakharov 1989

Andrej Sakharov, fisico nucleare russo e premio Nobel per la Pace del 1975, era nato il 21 maggio del 1921. A cent’anni di distanza lo ricordiamo proponendovi un articolo che Mario Conti scrisse invece in occasione della morte, edito dalla Rivista Antroposofica nel primo numero del 1990.

Vi si ripercorrono le tappe principali di quella intensa biografia, tracciandola, leggendola e illuminandola con la Scienza dello Spirito specie nel suo “punto di svolta”: dapprima egli fu scienziato e fisico nucleare, fautore e progettista di armi di distruzione, poi la svolta… “Fu per lui un passare dal campo della sub-natura a quello del vivente, dell’uomo e dell’umanità; da un’attività di ricerca e di studio, quindi eminentemente teoretica, ad un’altra calata nell’azione e nella lotta politica”.

Mettendo in parallelo l’esperienza del Faust di Goethe, Mario Conti ci fa notare come Sakharov non avrebbe raggiunto la forza per combattere per i diritti umani con “esemplare sobrietà, assenza di faziosità e di personalismo” senza la chiarezza della preparazione scientifica, la ricerca della verità e l’assenza di protagonismo che lo contraddistinsero.

Sulla base delle indicazioni date da Rudolf Steiner nel secondo volume delle Considerazioni esoteriche sui nessi karmici (o.o. 236), è possibile comparare gli eventi di quella vita con l’operare delle Gerarchie spirituali che nelle varie fasi accompagnano il cammino di ogni uomo.

Tra le Massime antroposofiche (o.o. 26), la 98 e 99 metterebbero in relazione le facoltà del Pensare, del Sentire e del Volere, il compiersi del karma e lo svolgersi del tema della libertà umana con la svolta decisiva del passaggio dal sesto al settimo settennio che porta la maturazione dell’anima cosciente – l’inizio del settennio della parola cosmica, cui seguiranno quelli della saggezza cosmica e della memoria cosmica. Infatti proprio dal quarantunesimo anno di età scaturisce per Sakharov la messa a punto di dichiarazioni e lettere scritte a favore dei diritti civili. Scrive ancora Conti: «Qui vediamo uno scienziato fermo come una roccia di fronte alla verità, alla sua coscienza di vero scienziato, alla sua dirittura morale, di fronte ai valori umani che si è conquistato e che poggiano soltanto sull’uomo, sull’universale umano, non su rivelazioni, confessioni o guru…».

Nei sei anni di esilio forzato dal 1980, per limitare i contatti con gli stranieri, confinato nella città di Gorki, tra scioperi della fame e dichiarazioni, Sakharov portò a compimento la sua ipotesi che già postulò alla fine degli anni sessanta, quella che sarebbe stata conosciuta come “Ipotesi Sakharov” che prova a spiegare come solo una parte della materia possa essere osservata e conosciuta con strumentazioni scientifiche materiali, perché l’altra parte, quella invisibile, appartiene al mondo degli ideali. In una singolare assonanza con ciò che Goethe espresse divinamente nella Metamorfosi delle piante: soltanto quando si penetra nel mondo delle Idee si diventa fedeli ai propri ideali.

Giovanna Fassino

RICORDANDO SAKHAROV

di Mario Conti

 Ricordo molto bene come sabato 16 dicembre, ascoltando al mattino Prima pagina fui raggiunto dalla notizia della morte di Sakharov. Il giornalista di turno diede la notizia accompagnandola con i commenti – in generale piuttosto notevoli – pubblicati da alcuni quotidiani: il fatto mi era già noto perché era stato diffuso la sera precedente ma non vi avevo fatto caso più che tanto. Ora però, forse per l’ora mattutina, forse per la qualità inconsueta dei commenti, o per qualche altro motivo segreto, la mia attenzione si era svegliata fortemente e riflettendo un poco mi resi conto di essere di fronte a un fatto molto importante.

Rivedetti le immagini del giorno prima, le immagini di un Sakharov che parla al congresso dei delegati del popolo col suo tono tranquillo e insieme autorevole, e dietro di lui Gorbaciov che interviene, poi prende il suo manoscritto e lo mette da parte; le immagini di quel viso nobile, come scrisse la Maciocchi, sereno, senza passionalità, ma ben deciso nel portare avanti la sua battaglia a modo suo, un viso però anche duramente segnato da anni di lotte, privazioni e sofferenze.

Poi vennero le notizie dei funerali, della quantità di gente – oltre trentamila – in coda per vedere la salma, dei discorsi accesi e polemici a stento smorzati dalle raccomandazioni della moglie Elena Bonner. Una partecipazione vivace e in un certo modo scontata per un popolo notoriamente propenso alle reazioni accese e piene di pathos, ma anche duramente provato da ogni sorta di privazioni e oppressioni. Ora tutto ciò è apparentemente finito. Sakharov ha concluso la sua esistenza terrena ed è uscito dalle pagine dei giornali e dei telegiornali. Ma in realtà non è così, ci dice l’antroposofia, e comunque mi sembra importante sviluppare alcune considerazioni su una personalità a mio avviso molto significativa.

Mi si potrebbe domandare perché occuparsi su una rivista antroposofica di una persona che in definitiva non fu nemmeno antroposofo… In effetti a quanto mi risulta egli venne in contatto con antroposofi, ma non aderì mai esplicitamente all’antroposofia. Tuttavia Steiner stesso ci invita a considerare attentamente e a fare agire su di noi le biografie e le varie parti in cui esse si dispiegano[1].

Perché meglio si possa cogliere il messaggio di questa vita è bene ricordarne brevemente le tappe.

Nato il 21 maggio 1921 a Mosca da padre insegnante di fisica, ben presto dà prova di ingegno e di doti intellettuali non comuni. Si laurea a 21 anni con una tesi in fisica considerata da uno specialista americano «la più brillante dissertazione in fisica mai presentata in una università». Passa a lavorare nell’Istituto Lebedev allora diretto da Igor Tamm, premio Nobel per la fisica, di cui diverrà diretto collaboratore nel 1950.

Nel 1953 l’URSS sperimenta la sua prima bomba all’idrogeno, e di essa Sakharov viene comunemente considerato come uno dei padri. Quale contributo abbia dato a questo progetto non è ben chiaro, tanto che alcuni ritengono il suo impegno nella vicenda del tutto marginale. Quello che invece è certo, è il suo impegno e il suo importante contributo allo studio della fusione termonucleare controllata, studio che tra l’altro fu alla base delle varie macchine Tokomak, tuttora considerate come il veicolo più promettente per la tanto desiderata realizzazione di centrali termonucleari.

Questi brillanti risultati gli fruttano numerosi riconoscimenti scientifici, premi, notorietà, agiatezza: a 32 anni è nominato membro dell’Accademia delle Scienze dell’URSS e diviene così il più giovane accademico della storia.

Ma Sakharov non è soddisfatto di tutto ciò: un sottile rodimento lavorava in profondità dentro di lui. «Ho cominciato a sviluppare in me una coscienza politico-morale negli anni Cinquanta» racconterà più tardi «avevo denaro, titoli, tutto ciò che il mio lavoro mi consentiva di avere; ma avevo dentro anche un sentimento tragico». Così comincia a interessarsi del dissenso e vi prende parte sempre più vivamente finché nel ’62, a proposito di un test nucleare, telefona direttamente a Krusciov per impedirlo. Il test ha luogo lo stesso e allora avviene la rottura. Sakharov prende posizione netta ed esplicita per il dissenso producendosi in lettere, petizioni, firme e con il libro Pensieri sul progresso, la coesistenza pacifica, la libertà intellettuale.

Insignito del premio Nobel per la pace, nel ’75 viene esiliato a Gorki, dove però continua la sua lotta: compie scioperi della fame, viene costretto a pesanti umiliazioni come l’alimentazione forzata, riprese filmate denigratorie e altre cose del genere.

Finalmente nel 1985 viene riabilitato pubblicamente da Gorbaciov, il quale, da poco al potere, promette riforme radicali e glasnost, cioè trasparenza, quella trasparenza che Sakharov, con una lettera a Brežnev, scritta assieme a Turcin e Medvedev, aveva chiesto fin dal 1970.

I rapporti di Sakharov con Gorbaciov furono sempre abbastanza variegati, ma caratterizzati da una certa indipendenza: nei suoi ultimi interventi mostrò di rendersi ben conto dei limiti e anche dei pericoli dell’azione politica e economica del nuovo leader – e zar!– sovietico.

Arriviamo così alle battaglie politiche e alla lotta per le riforme della costituzione sovietica, culminata nella richiesta dell’abrogazione dell’articolo 6° sul ruolo guida del PCUS. Poi la fine serena e improvvisa.

In questa biografia troviamo molti elementi di straordinario interesse. Intanto non può non colpire il cambiamento radicale dell’attività del Sakharov prima e dopo un momento centrale della sua vita, situato tra i primi anni cinquanta e il ’62. Ovviamente in questo campo non si possono porre date precise. Prima scienziato, e in particolare fisico nucleare, poi combattente per i valori umani, per la libertà e per la riforma della comunità politica: fu per lui un passare dal campo del “morto”, peggio, della subnatura, a quello del vivente, anzi dell’uomo e dell’umanità; da un’attività di ricerca e di studio, quindi eminentemente teoretica, ad un’altra calata nell’azione, nella lotta politica. Fu un «affondare le mani nella vita umana» come dice Steiner a proposito di Goethe ai tempi del Gœtz di Berlichingen[2].

Cambiamenti così radicali e di simile mole non sono certo frequenti, ma in certe forti personalità si possono riscontrare. Contrastano singolarmente con quanto si ha di solito sotto gli occhi, per lo più biografie di persone che, al culmine della gioventù, arrivano a certi risultati intellettuali o artistici, magari anche notevoli, ma in seguito non procedono oltre, vivono il resto della loro vita di rendita ripiegandosi nostalgicamente sui bei tempi passati della gioventù o addirittura dell’infanzia. Molti si sono meravigliati di un simile radicale cambiamento di campo di Sakharov. Posso immaginare al proposito frasi del tipo: «ma non poteva continuare a fare il bravo scienziato come prima e aiutare il popolo russo con ottimi reattori nucleari puliti ecc». Frasi che mi ricordano quelle famose che a proposito di Goethe e del suo Faust scrisse Du Bois Reymond. Secondo quest’ultimo Goethe ci presenta un miserabile sciagurato (Du Bois Reymond non usa proprio questa espressione, ma il senso delle sue parole è più o meno tale), uno sciagurato che non riesce nemmeno a venire a capo dei suoi problemi interiori. Infatti, continua Du Bois Reymond, «Se Faust fosse stato un vero uomo avrebbe sposato Margherita invece semplicemente di sedurla, avrebbe inventato il generatore elettrico e la pompa ad aria e sarebbe diventato un professore di fama[3]»: proprio come Sakharov! L’obiezione è ovviamente anche in questo caso molto filistea. Si ha però anche l’impressione che l’attività successiva con le sue connotazioni peculiari non sarebbe stata possibile senza il lavoro precedente, in altre parole che quest’ultimo non sia stato inutile non solo per i risultati scientifici e applicativi ma anche come scuola di pensiero e di onestà intellettuale, di ricerca e di rispetto della verità, di impegno morale. Le stesse qualità di chiarezza, consequenzialità e assenza di personalismo che troviamo nel Sakharov scienziato le ritroviamo nel Sakharov premio Nobel per la pace, che combatte per i diritti umani, che partecipa al Congresso come delegato del popolo con esemplare sobrietà e assenza di faziosità e di personalismo. Da ultimo la stessa morte “improvvisa” con cui lascia la terra porta con sé quella semplicità, leggerezza e – diciamolo chiaro – pulizia, con cui visse. E ciò non è poco non solo per la Russia ma anche per molti altri paesi occidentali!

Cosa sarà successo in Sakharov in quei fatidici anni Cinquanta? Possiamo cercare di sviluppare qualche considerazione in proposito sulla scorta delle comunicazioni che Rudolf Steiner ci ha dato, specialmente nelle conferenze sul karma da lui tenute a Dornach nel 1924, ben consci che si tratta di un campo estremamente elevato e difficile per le nostre deboli forze. Tuttavia lo stesso Steiner ci invita a questo compito: «Proprio nei nostri tempi non è davvero di scarso interesse confrontare la seconda parte della vita con la prima. Le persone capaci di osservare la vita dovrebbero applicarvisi[4]…».

In questa medesima conferenza egli ci dice che gli anni della gioventù sono dedicati a realizzare nell’esistenza terrena quello che egli chiama le esigenze del karma, cioè le decisioni che l’anima umana, nella vita tra morte e nuova nascita, in contatto con il mondo spirituale, ha maturato e che si esplicheranno nella costruzione della nuova realtà corporeo-animica. Questa costruzione viene pilotata dalle forze del capo e raggiunge una certa completezza alla fine del terzo settennio. Arrivati a 21-28 anni questa fase va esaurendosi e subentra la seconda fase, quella che Rudolf Steiner chiama l’attuazione, adempimento, il pareggio del karma. Mentre la prima fase è portata avanti dalle forze che l’uomo ha con sé dall’esistenza spirituale prenatale ed è guidata dalle entità della terza e poi della seconda gerarchia, la seconda fase è più ardua, quelle forze si sono ormai esaurite e ora diventa importante trovare un collegamento con la prima gerarchia che è la più elevata e in un certo modo la più lontana. Allo scopo occorrono vigorose forze spirituali che ostacolino le forze negative che tendono a trascinare l’uomo in basso. Qui non bastano più le forze del capo, tipicamente quelle intellettuali, ma occorrono altre forze che si esplicano attraverso il sistema ritmico e quello del ricambio e degli arti e che provengono da una certa esperienza avvenuta in vite precedenti.

A questo proposito, egli cita il caso di due personalità, da lui conosciute, molto dotate intellettualmente, uno storico e un uomo politico, che dopo i trent’anni soffrono di un certo inaridimento del loro mondo ideale e anche morale. Queste persone erano vissute nella loro vita precedente nel VII e VIII secolo, periodo in cui la nozione della reincarnazione si era definitivamente oscurata, periodo in cui ciò che preoccupava la gente era soltanto l’immortalità dell’anima. Tutto ciò che è intellettualistico e materiale può in realtà afferrare l’uomo solo in gioventù. Soltanto ciò che di spirituale si è frammisto al contenuto intellettuale può conservarsi attraverso l’intera esistenza umana, intendo dire conservarsi karmicamente attraverso le ripetute vite terrene[5]».

Per tale motivo egli insiste affinché nell’elemento intellettualistico dell’insegnamento oggi tanto presente siano immessi elementi spirituali e tali da far meditare non solo sull’immortalità dell’anima ma, ove sia possibile, anche sulla reincarnazione e sull’innatalità.

Intorno ai 28 anni comincia la seconda fase nella quale si manifesta la voce del karma che incita all’adempimento e al pareggio. Questa voce può manifestarsi nei modi più vari e non necessariamente in modo cosciente, e comunque essa può essere assecondata oppure no, entro i limiti della libertà umana.

Leggiamo nelle Massime 98 e 99: «Il pensare ed il sentire della volontà strappano la vita terrena presente alla concatenazione karmica» e «Nel sentire e nel volere del pensiero l’uomo esplica il suo karma del passato, nel pensare e nel sentire della volontà si prepara il karma del futuro.». In altri passi Steiner spiega diffusamente quest’ultimo concetto e ci aiuta a capire cosa egli intenda per «portare il pensare ed il sentire nella volontà». Per esempio nella conferenza del 19 dicembre 1920 egli dice che si tratta di arrivare ad azioni umane sempre più coscienti o come viene detto sempre più “complete[6]“, si tratta di sviluppare l’elemento del pensare fino a farlo divenire intuizione morale e fantasia morale, si tratta di sviluppare dedizione al mondo, amore al mondo, in modo che l’azione venga compiuta per amore: amore dell’azione per l’azione, usando la felice espressione riportata ne La filosofia della libertà. E inevitabilmente qui ritorna il tema della libertà umana da intendersi naturalmente come Steiner la intende.

Sakharov percepì chiaramente questo appello del karma, come si coglie nelle dichiarazioni sopra riportate, appello a cui seguì una attività piena di coraggio e di abnegazione, improntata a valori umani veramente ideali, un’azione veramente e propriamente libera.

È anche da notare questo momento dei 40-42 anni, del passaggio dal sesto al settimo settennio, momento in cui l’anima cosciente è venuta a piena maturazione e l’individualità può prendere decisamente in mano la direzione della propria vita imprimendo a essa una nuova direzione volitiva attiva, pratica, direzione che è espressione del proprio contenuto spirituale, dell’io eterno che attraversa le varie incarnazioni e che, a quest’età, ha raggiunto piena maturazione ed efficacia terrestre.

Ed è anche il momento in cui comincia il settennio della parola cosmica, a cui seguiranno poi quelli della saggezza cosmica e della memoria cosmica: ciò pure notiamo in questa biografia come produzione di dichiarazioni e lettere scritte a partire proprio dal 41° anno.

Il richiamo al Faust non è casuale: sono convinto che prima o poi qualcuno dovrà scrivere un nuovo Faust, il Faust dei nuovi tempi, in cui il poderoso streben goethiano riapparirà in nuove vesti. Un esempio ci è già stato dato nella figura di Strader che nel corso dei quattro Misteri drammatici compie un percorso emblematico. Di fatto cominciano a comparire sulla terra esistenze umane che percorrono un’evoluzione in certo modo inversa a quella di Faust. Si comincia in giovinezza con l’esperienza della scienza, magari atomistica e particellaia, oppure della tecnica – cioè l’esperienza di Mefistofele – la quale non va sottovalutata proprio per la sua funzione formatrice, per il suo condurci a sperimentare pesantemente la morte, l’effetto distruttivo della subnatura. Allora si diventa in grado di risorgere veramente e afferrare nel modo giusto la vita. Rudolf Steiner ci dice che compito della sesta epoca di cultura sarà quello di conquistare nel modo giusto il mondo delle piante e poi, nella settima, quello degli animali…

Abbiamo qui in un certo modo un percorso inverso a quello di Faust, un nuovo Faust, un Faust rovesciato: Sakharov era chiaramente su questa linea. È difficile esprimere ciò che di straordinariamente e di sottilmente suggestivo ispira questa personalità non particolarmente bella, non brillante, e fin ispida, ma come poche libera e in un certo modo schilleriana. Come del grande poeta tedesco Steiner afferma: «Schiller fu uno dei pochi uomini veramente liberi», così si potrebbe affermare di Sakharov, e da ciò viene non poco del suo particolare fascino. Qui vediamo uno scienziato fermo come roccia di fronte alla verità, alla sua coscienza di vero scienziato, alla sua dirittura morale di fronte ai valori morali che si è conquistato e che poggiano soltanto sull’uomo, sull’universale umano, non su rivelazioni, confessioni, guru, ecc. I suoi rapporti con Gorbaciov non furono polemici ma nemmeno idilliaci. Non fu ossequiente con Gorbaciov che si reca in Vaticano a riverire Papa Woytyla né verso la ricorrente tendenza presente in oriente – ma non solo lì! – al teocratico, al chiesastico, a ricostruire le antiche forme di comunità religiose o addirittura a ricadere in braccio alla chiesa cattolica – vedi Polonia – con tutte le ambiguità e collusioni che ciò comporta. Ogni spirito libero avverte oggi questo grave pericolo che insidia l’oriente che si sta liberando dal comunismo e in generale l’anima cosciente, e allora non si può che apprezzare la posizione di un Sakharov che lotta poggiando su sé solo, per la libertà. Rigore, veracità, serietà, glasnost sono doti chiaramente micheliane come Rudolf Steiner ci spiega più volte, e le troviamo ben chiare in quest’uomo. Inoltre, altra caratteristica micheliana, vediamo come nell’elemento freddo della razionalità e dell’intelletto Sakharov porta una grande luce, una grande tensione spirituale e un indiscutibile calore di impegno umano. E può stupire come quest’uomo così “freddo” e solo – perché tale fu, nel prendere le decisioni e nel portarle avanti senza piegarsi ad atteggiamenti non solo personalistici ma nemmeno demagogici o retorici abbia suscitato tanta emozione nel popolo russo.

Sakharov non fu dissidente come molti altri nell’Est – non che gli altri non vadano altamente stimati per la loro dedizione e coraggio – ma, come dice Vittorio Strada, fu veramente «un eroe dello spirito, una persona che ebbe il coraggio della ragione e della volontà, e ciò senza contaminazioni, come abbiamo detto, di nessun tipo».

Giustamente egli lo confronta con Solgenitsin, altro notissimo dissidente, da lui però assai diverso, così permeato di motivi religiosi, nazionalisti e anche di personalismo. E invece qui una figura grandiosa che splende di pura luce: un Sakharov laico, vicino e immerso nel popolo, persona che cerca non «se stesso e anche gli altri ma esclusivamente gli altri[7]». Perché tale egli fu veramente, un essere rigoroso, lineare, che agì mosso dalla pura luce dell’idea.

Quando si considera questo particolare aspetto di Sakharov e ci si domanda da dove sia venuta a lui la forza di agire con tale dedizione e purezza mi viene alla mente una parola: intuizione morale! Non so se egli abbia mai affrontato seriamente l’antroposofia né tanto meno se mai abbia letto La filosofìa della libertà. Purtroppo la comprensione e l’adesione all’antroposofia possono essere impedite dal modo con cui si viene in contatto con essa, cioè dagli antroposofi che si incontrano! Ma è certo che egli si era congiunto alle forze spirituali più genuine che stanno alla base della scienza dello spirito di orientamento antroposofico: di essa egli è in qualche modo un esempio vivente se anche forse inconsapevole.

A un certo livello della moralità, così dimostra Steiner nel citato libro, le idee cominciano ad essere impulsi e motivi all’azione. E con ciò si ritrova quanto ricercava Socrate quando affermava che la virtù è episteme (scienza). La virtù discende direttamente dalla saggezza, come Platone in molti dei suoi splendidi dialoghi ci ricorda. Steiner parla spesso di Socrate e afferma che in futuro l’evoluzione dell’essere umano sarà tale che l’ideale vissuto con sufficiente chiarezza e dedizione sarà spinta all’azione, non si potrà fare a meno di seguirlo e con ciò si verificherà ciò a cui, migliaia di anni fa, tendeva l’antico filosofo[8].

Nell’uomo diverranno coscientemente attivi il sé spirituale e lo spirito vitale – nel pensiero puro e nella fantasia morale – e domineranno completamente la corporeità. In una conferenza del 9 febbraio 1905 si dice: «Ora io ho cercato di presentare il graduale autoeducarsi dell’uomo, la purificazione dell’uomo dall’animico allo spirituale in un libro che scrissi vari anni fa, la mia Filosofia della libertà. Ciò che ho ora presentato, lo troverete lì espresso con i termini della filosofia occidentale. Troverete lì lo sviluppo dalla vita del Kama alla vita del Manas. Lì ho chiamato l’Ahamkara Io, il Manas pensiero più elevato, pensiero puro, il Budhi, sul cui inizio non si richiama ancora l’attenzione, fantasia morale. Queste sono solo diverse espressioni per le stesse cose[9]».

Seguendo coscienziosamente il percorso delineato nel libro questi fatti possono essere sperimentati ed è appunto per tal motivo che questo libro è tanto importante e profetico.

Certo Sakharov non aveva attuato pienamente una simile evoluzione spirituale ma sono convinto che in lui già qualcosa di tutto ciò era attivo. È anche interessante notare come queste cose comincino ormai ad avvenire quasi naturalmente anche in non antroposofi ma in persone di retti intendimenti, e guarda caso, proprio nel popolo russo, e ciò non può non far riflettere sui destini di questo popolo.

Questo è un importante segno dei tempi di questa fine di millennio, segno che non può non riempirci di gioia e di entusiasmo.

Andrej Dmitrievic Sakharov

Andrej Dmitrievic Sakharov

 

[1] Rudolf Steiner, Considerazioni esoteriche sui Nessi karmici – Ed. Antroposofica – conf. IX

[2] Rudolf Steiner, Il karma e le professioni in relazione alla vita di Goethe – Ed. Antroposofica

[3] Ibid.  pag. 32

[4] Rudolf Steiner, Considerazioni esoteriche sui nessi karmici, volume II – Ed. Antroposofica

[5] Ibid. pag. 175

[6] Rudolf Steiner, Il ponte tra spiritualità cosmica e l’elemento fisico umano – Ed Antroposofica

[7] Corriere della sera, 17 dicembre 1989

[8] Rudolf Steiner, Da Gesù a Cristo – Ed. Antroposofica

[9] Rudolf Steiner, Ursprung und Ziel des Menschen. Grundbegriffe des Geisteswissenschaft – Rudolf Steiner Verlag, Dornach