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A PROPOSITO DI LIBERTÀ

Der Mensch im Geiste Rudolf Steiner

LA LIBERTÀ DELL’UOMO CREATORE

Liberi non si è, si diventa

(Estratto dal convegno «A proposito di libertà», tenuto da Pietro Archiati a Roma il 6-8 maggio 2011 – testo non rivisto dal relatore – Seconda parte)
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È proprio qui che il nostro cuore si affina, in questo concreto mettersi nei panni dell’altro … e i panni più importanti dell’altro sono la sua libertà. Ognuno di noi vorrebbe essere il più libero possibile, quindi l’altro mi ama nella misura in cui:

  • è attento
  • mi ascolta
  • sente da me ciò di cui io avrei bisogno per sentirmi libero
  • lo fa, nella misura del possibile.

Amare significa sempre amare la libertà dell’altro. Io non posso veramente amare l’altro perché non lo conosco; però posso sentire da lui, percepire da lui, di volta in volta – perché me lo comunica il suo modo di vivere – ciò di cui lui avrebbe bisogno per sentirsi sempre più libero. E posso dunque metterglielo a disposizione, più che posso.

Potreste obiettare: “Sì, però se io all’altro dò dei soldi, perché lui me li ha chiesti, e poi se li va a spendere tutti in sbornie…? Se so che beve, cosa faccio: gli do i soldi o non glieli do? Forse potrei mediare, dire: no, diecimila son troppi… O meglio sarebbe non dargli proprio nulla?”

È un po’ il dilemma della mamma, che vorrebbe evitare a ogni costo che il figlio si drogasse. Costringere l’altro, in qualsiasi modo, è sempre moralmente non-buono, perché ogni lesione di libertà è un atto di immoralità, è contro l’umano.

Portando il ragionamento fino in fondo, questa mamma potrebbe pensare: “Se io non gli dò soldi, non potrà più comprarsi l’eroina …. ma sono sicura che la situazione non diventerebbe peggiore?

La scelta dell’amore è tra la paura e la fiducia.

Questa è l’ultima scelta: non posso gestire la libertà dell’altro, però, se col mio agire, faccio in modo che l’altro non possa fare più nulla, neanche drogarsi … se questa fosse paradossalmente l’unica cosa che ancora lo tiene in vita, allora rischio di farlo morire. È meglio, se si suicida?

Quando le cose diventano molto complesse e pericolose, il cuore ci dice che l’ultima scelta è tra un atteggiamento fondamentale di fiducia nell’umano e la paura, ma la paura ci porta sempre a ledere la libertà. E questo è sempre disumano, è sempre immorale. Il Cristo di duemila anni fa, il prototipo dell’umano, sa che Giuda sta per togliersi la vita, e se sa che lo farà con la cintola dei pantaloni non gli porta via la cintola – perché altrimenti Giuda userà una corda. Quindi dice: Giuda, vuoi toglierti la vita? Sei libero, prova a togliertela! Ma l’amore alla libertà allora, cosa fa? Gli dà un’altra vita, e poi un’altra ancora …Gli dice: tu adesso dopo la morte impari, vedi a che cosa porta il suicidio (perché una persona è libera soltanto nella misura in cui impara dalle proprie esperienze, non dalle esperienze altrui), poi tiri le somme della tua esperienza e l’amore, che è infinito, ti dona un’altra vita, e tu continui.

Il suicidio di Giuda – Andrea Schiavone 1550 ca.

Il suicidio di Giuda – Andrea Schiavone 1550 ca.

È così che vinciamo la paura di fronte agli abissi della libertà, perché se abbiamo paura, interveniamo e costringiamo l’altro, facciamo di tutto perché non si distrugga! Ma non è detto che martellando, affinché non si distrugga, le cose migliorino, perché se veramente vuole suicidarsi, lo farà lo stesso, in più gravato dalle nostre …martellate.

Possiamo vincere questo ‘terrorismo’ del «no! Non devi, non devi!», soltanto pensando che la Grazia e l’Amore divini sono così infiniti da concedere ad ogni essere umano un’altra vita, e poi un’altra ancora. Non si può essere liberi con una vita sola a disposizione … Vivere una vita soltanto significherebbe non aver fatto nulla liberamente nel passato e non poter fare nulla liberamente dopo la nostra morte!

Amare la libertà dell’altro significa conquistarsi un arco di coscienza tale da vedere che la libertà dell’uomo ha di fronte a sé non soltanto parecchie situazioni di vita da cui imparare, ma diverse vite a disposizione. Non infinite vite, però nemmeno una sola!

Quando avrai conquistato questo, condurrai la tua vita come vuoi! Anche se questa volta la gestisci nel modo più micidiale, più negativo, non importa nulla. Perché tanto, dopo la morte, dovrai dire a te stesso: sono stato proprio un farabutto! Da farabutto non ero affatto felice, non mi sono realizzato affatto. E quando ritornerai … l’hai imparato.

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Il Cristo, nel Vangelo di Giovanni, viene chiamato il Logos, la ‘logica’ dell’umano in divenire verso il divino:  logico vuol dire anzitutto convincente per il pensiero. Ora questo Logos – questa sapienza, intuizione, fantasia dell’amore – mette a disposizione dell’uomo diverse vite e gli dice: tu in questa vita sei libero di sperimentare tutto quello che vuoi! Anche se questa volta sperimenti tutto in negativo, poi impari, e le cose vanno avanti. Perché non dovrebbe essere permesso vivere tutta una vita maggiormente in negativo? L’alternativa ad una vita piena di egoismo (negativa, nell’insieme) è proibire a chi la sta conducendo di fare il male, e imporgli il bene per dovere. Stiamo attenti, però, perché il bene fatto per dovere non è un bene: il bene non è tale se non è amato – allora diventa non-umano, è disumano.

Invece, la logica dell’amore dice: prova, prova, prova! E dopo guarda cosa salta fuori. Ti sei ammazzato? Ecco che sperimenti che … è una gran brutta cosa …! “…Mi son tirato fuori dalle condizioni incarnatorie, le uniche che mi permettevano di camminare! Ci voglio ritornare al più presto, e la prossima volta non lo farò più.” Per assurdo, se una persona ci ha provato davvero, in base all’esperienza di amarezza, di delusione nel vedere che è stata proprio la cosa peggiore che potesse fare, adesso impara e per tutte le vite successive non lo farà mai più. È una gran bella cosa, non vi pare?

Di fronte a qualsiasi cosa l’essere umano si metta in testa, la risposta dell’amore dice, pur di non ledere la libertà: provaci! Perché solo facendola, l’esperienza tira fuori quello che ci dà e quello che non dà … Se il suicidio ti dà soltanto negatività, questa verrà fuori, e ti convincerà che è solo negatività. Per tutta l’eternità poi eviterai di toglierti la vita, ma per convincimento tuo, perché hai fatto l’esperienza di non volerlo più:  allora sei libero.

Lo dimostra il fatto che non serve voler impedire a una persona di suicidarsi; più le persone intorno a lei ‘terroristicamente’ vorrebbero che non lo facesse, tanto più lei lo vuole – per aver ragione, per affermare se stessa. Dunque, la libertà dell’amore è questa lungimiranza, il sapere che l’essere umano può sperimentare. Una persona che liberamente sceglie di togliersi la vita, non rende il suicidio una cosa buona: le serve però a capire meglio quanto è negativo, che è qualcosa che la porta indietro, scaraventandola fuori da ogni possibilità di evolversi ulteriormente in quella vita. Però adesso conosce questa negatività per esperienza propria e la vorrà evitare liberamente, non per imposizione.

Rappresentazione induista della reincarnazione

Rappresentazione induista della reincarnazione

Ci troviamo ad una soglia, ad un salto della coscienza dove, come dicevamo ieri sera, una morale fondata maggiormente sul dovere, sui comandamenti, non ha più diritto di esistere. A ben vedere anche i dieci comandamenti di Mosè sono dieci divieti: «non rubare» non è un’ingiunzione, è una proibizione. Così «non uccidere» non è un comandamento che propone un dovere o qualcosa che si debba fare: è qualcosa da evitare. Quindi andiamo verso una morale della libertà, in cui l’individuo sa che solo lui può conoscere il da farsi – ma prima di fare qualcosa, non possiamo sapere che cosa ne verrà fuori.

L’elemento specifico dell’umano è il coraggio, la fiducia nello sperimentare, nel provare … con l’occhio attento e la mente sveglia a cogliere cosa salta fuori! Quindi, guardando le conseguenze del nostro agire, lo possiamo affinare, rettificare, approfondire e correggere – ma in base al nostro libero sperimentare.

A questo punto sorge una domanda: “ … è bellissimo tutto questo, ma non ho ancora avuto indicazioni su come devo comportarmi concretamente in situazioni difficili, complesse. La domanda è semplice: che cosa faccio?”

Il nostro compito non è quello di dire a qualcuno che cosa deve fare! Esiste infatti un modo migliore, per favorire la libertà dell’altro, per amare la libertà dell’altro: è quello di offrirgli pensieri, di offrirgli frammenti di verità, cammini di coscienza. Accade perché il pensiero – se è pensiero – per sua natura lascia liberi.

Esiste quindi un elemento di scambio tra persona e persona che non è lesivo della libertà … anzi!

Se i pensieri dell’altro sono veri, se mi convincono e li lascio liberamente entrare in me, essi ampliano la mia coscienza e ampliano anche gli spazi della mia libertà. Quindi il modo per amare in assoluto la libertà dell’altro è di fecondare, arricchire il suo pensiero con elementi conoscitivi: esattamente l’opposto del volergli dire quello che ha da fare! Questo è affar suo … e può saperlo soltanto lui.

Ma ciò che io voglio fare per restare libero, e per diventare sempre più libero, deve essere in armonia con il mio essere, con l’essere di te che vivi con me e con l’umanità così com’è oggi.

Il Fare mi libera nella misura in cui si colloca armonicamente nel contesto del mio essere, del nostro rapporto e nel contesto di tutta l’umanità – così com’è in questo frammento dell’evoluzione.

L’armonia e il bene di un’azione stanno nel modo in cui corrispondono al mio essere attuale e al nostro modo di interagire; se questa corrispondenza c’è, allora è un’azione che favorirà il mio essere, il nostro rapporto, la comunità di persone con cui entro in relazione e, da ultimo, tutta l’umanità.

Ma come facciamo a sapere in quale punto di evoluzione ci troviamo, e che cosa, oggi, aiuta l’umanità; che cosa l’umanità e ogni singolo essere umano stanno conquistandosi in questo momento, consapevolmente o no? Occorre poter ampliare i pensieri, e la conoscenza.

Il senso di questa scienza dello spirito di cui da tanti anni sto parlando è proprio questo: una proposta di ampliamento di pensieri, di prospettiva, che ci renda più liberi.

Occorre che io conosca l’uomo – in particolare il mio essere –, il presente dell’evoluzione e il suo insieme, e anche l’evoluzione della natura. L’umanità, in base alle scienze naturali degli ultimi secoli è diventata sapiente sul mondo materiale, sa tantissime cose in relazione a ciò che è fisico – cosa necessaria! – e adesso ci troviamo al punto in cui il modo di amare incipiente della religione tradizionale (che si appellava maggiormente al cuore, il che è bellissimo) entrando nell’età adulta non basta più.

Tant’è vero che per molte persone questa fede del cuore non è più sufficiente; vogliono la conoscenza, la conoscenza che rende liberi: «voi conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi» è una frase tratta dal Vangelo di Giovanni. L’umanità di oggi cerca una conoscenza approfondita di tutto ciò che è dell’anima e dello spirito, in un modo analogo alla conoscenza che si è instaurata su ciò che è del mondo fisico.

Proverò ora a indicare due direzioni fondamentali, come orientamenti di lavoro: dovendole esprimere in forma di pensieri, è chiaro che il modo in cui poi voi li gestirete è … affar vostro! Non sto dando consigli, ma pensieri … ed è nella natura dei pensieri il lasciare liberi. Ognuno, di fronte a un pensiero, è libero di dire: “No, è una pensata bacata … “ oppure: “Sì, è una pensata giusta!”

Iniziamo col porci una domanda: “Che cosa posso fare, qui e ora, per diventare io sempre più amante e perché l’altro sia sempre più libero?”. Prima di tutto c’è da sapere che il tuo agire è buono, solo se è fatto nella libertà e nell’amore. Come prima cosa, allora, esercitati a evitare tutto ciò che è negativo. Questo esercizio lo può fare ognuno, ma non serve a nulla partire in quarta dicendosi: “Sì … ma io lo so già cosa è negativo, e già lo evito … “ Perché non è vero.

Chiediamoci: sappiamo davvero cosa è negativo?  Lo abbiamo già detto: negativo è agire per volontà indotta dall’esterno. Questo è da evitare, sempre! Perché se faccio qualcosa che mi è stata detta da un altro, di sicuro sto ledendo il mio amore: non sono libero, non sono amante e distruggo sia la mia libertà, sia quella dell’altro.

La prima regola di comportamento morale – espressa in termini di pensiero, di fronte a cui potete poi prendere una vostra posizione – è che ogni tentativo di agire per volontà altrui, come eseguire un ordine, obbedire a un comandamento, è immorale, perché non è libero, non è fatto in base all’amore, ma è un lasciarsi gestire dall’esterno. Oltretutto, è un permettere all’altro di ledere la libertà altrui.

Occorre che ognuno tenga gli occhi ben aperti, davanti agli infiniti tentativi di gestione dal di fuori, ai ricatti del potere che ci pongono problemi di coscienza. Ho il dovere di far questo, e se non lo faccio, mi vengono patemi d’animo? Tutti ricatti … all’infinito. Altro che amore, altro che libertà!

Ogni gestione dal di fuori, ogni non-libertà imposta dall’esterno, va respinta.

E dall’interno, da dentro, che cosa faccio? Evita il negativo all’interno, che è di fare qualcosa contro-voglia: non fare mai nulla controvoglia, piuttosto lascia perdere! Perché se agisci controvoglia, distruggi la tua libertà, distruggi le forze di amore dentro di te e non puoi contribuire alla libertà e all’amore altrui.

Prima di fare qualcosa controvoglia, aspetta … e poi aspetta ancora, finché te ne venga la voglia.

Una mamma potrebbe obiettare: «Però il mio bambino ha fatto la cacca, proprio adesso, e io non ho voglia di pulirlo… ma va pulito adesso. Come la mettiamo?». Esiste, un modo di pulire il bambino non controvoglia? Certo che c’è, ed quello di farla sorgere, questa voglia! Se la facciamo sorgere in noi, va tutto bene. Ma bisogna esercitarsi, in questo. “Beh, non ne avrei voglia più di tanto… ma non mi interessa se la voglia ce l’ho o no, me la faccio venire!”

Se poi la voglia me la conquisto, allora è ancora meglio! Una voglia che prima non c’era, almeno non spontaneamente, ed io me la sono creata con amore, è ancora più grande … in questo caso me lo godrò ancora di più, il bagnetto del bambino.

Sono esercizi concretissimi, da fare e rifare tutti i giorni, perché se non esercitiamo la libertà e l’amore a questi livelli concreti, allora chi è, qui, ad essere nelle stratosfere: io o voi?

Ieri ho detto che ogni essere umano ha sempre la possibilità di volere liberamente ciò che deve o non deve. Se è suo “dovere” – se è l’unica mamma, e se è l’unica a poter pulire questo bambino, se è davvero il suo dovere, ha la possibilità di volerlo liberamente. Questa conversione interiore, di volere liberamente ciò che altrimenti si farebbe senza voglia, proprio questa è la conversione del cuore, l’esercizio della fantasia morale. Ognuno di noi può fare all’infinito questo esercizio che ci rende liberi, ci rende pieni di voglia, pieni di amore. L’alternativa è di essere costretta comunque a pulire il bambino, ma controvoglia, e non è meglio … poi le due o tre ore successive saranno ancor più brutte!

L’amore insomma è realista, la fantasia dell’amore rende concreti, la risposta concreta alla domanda «cosa faccio?» la conosce soltanto l’amore. Perché l’amore dice: io ho la possibilità di amare, di volere liberamente con gioia ciò che in questo momento va fatto; certo che ci sono delle cose che vanno fatte, il problema è soltanto la possibilità di convertire il cuore in modo tale da volerle liberamente con gioia, perché vanno fatte.

Ieri sera una persona mi raccontava della rabbia che prova nei confronti di un’altra ed io le ho detto: “Beh, vai in tribunale, se vuoi toglierti la rabbia. Però la decisione di intentare un processo è una decisione difficile, perché non sono sicuro… è una cosa che va fatta, questo processo?.  Ma poniamo il caso che non si tratti di un processo, ma di un… cesso, da pulire … è una cosa che va fatta? Sì, allora lì sono sicuro che mi può venire la voglia! Perché i cessi puliti sono una cosa che dobbiamo a tutti quanti; quindi la fantasia dell’amore è questa forza interiore che, quando non è sicura che una cosa vada fatta – un processo per esempio – ci fa dire: beh, aspettiamo! Non so se porterà qualcosa di buono… Ho preso volutamente l’esempio estremo dei cessi perché ben si sposa con i processi, ma soprattutto perché è una cosa che certamente va fatta!

Il cuore mi dice che se nessuno ha voglia di pulirli, io lo posso fare volentieri. E una persona che fa questo lavoro per amore, con gioia, con amore alla libertà degli altri (nessuno può essere libero senza cessi puliti e questo può essere un gesto sincerissimo di amore verso la libertà degli altri), fa passi da gigante in avanti nelle forze dell’amore. Magari ce ne fossero, di persone così!

La fantasia dell’amore è anche l’occhio aperto con cui vedo che ci sono cose che vanno fatte; mi dà la possibilità di volerle liberamente, se le posso fare io, perché vanno fatte. Invece, se certe altre cose non sono necessarie, allora lì posso aspettare.

Alla domanda: “Cosa faccio?” possiamo dunque rispondere: prima di tutto, esercitati ad evitare ciò che è negativo, l’agire per volontà altrui, per comandamenti, ordini, ricatti di coscienza, e così via; evita anche il negativo dentro di te che è la controvoglia, che è un altro modo di agire per dovere.

Se fai qualcosa per dovere è veleno per la tua anima, perché se veramente è un dovere – una cosa che va fatta – come abbiamo detto hai la possibilità di trasformarla in qualcosa che tu vuoi, liberamente, sinceramente, con gioia. Lavora al tuo cuore in modo da trasformarlo in qualcosa che fai per libero volere, oppure non farlo.

Dopo aver evitato il negativo, ecco l’esercizio del positivo: si tratta di attivare ciò che è positivo in me, e questo positivo – ne abbiamo già parlato in questi giorni – va esercitato! In questa temperie di materialismo dove la coscienza umana vede, percepisce e vive soltanto ciò che è materiale, il positivo che va esercitato è la realtà dello spirito, che appunto è una realtà.

Io sono uno spirito! Io c’ero come spirito prima di nascere; mi sono costruito questo corpo a immagine di me, che mi corrisponde in tutto quello che vorrei. Sono un’anima, sono un Io superiore: comunque vogliate chiamarlo, sono un io vero. Non sono un pezzetto di materia, io sono uno spirito! È questo che va esercitato, e siccome siamo all’inizio di questa presa di coscienza, occorre farlo ogni giorno.

Io sono, tu sei, tutti noi siamo spiriti creatori! Ho creato, costruito questo corpo, mi sono creato artisticamente, da genio della moralità, un progetto di vita, ho già previsto tutti gli eventi fondamentali. Ho anche deciso che a quarant’anni prenderò una malattia? Allora la voglio, come momento privilegiato di crescita, per tirar fuori da me forze che usciranno soltanto lottando per vincerla. È il mio spirito, sono io, ad aver deciso liberamente, pieno di amore, con gioia, anche questa malattia. Ciò che noi chiamiamo anima, è il modo conscio di vivere l’eco della malattia, questo operare dello spirito in lei.

L’anima ha due modi fondamentali di porsi di fronte alle belle pensate del suo spirito: ha la possibilità di dirne di tutti i colori, perché è pigra, oppure può decidere che anche una malattia può essere una bella cosa … “Finalmente!, ho dovuto aspettare quarant’anni per averla, l’avrei anche voluta un pochino prima, però non ero abbastanza evoluta per afferrarla…!”.

Il modo di pensare del mio spirito è che io ho voluto ammalarmi liberamente, proprio con gioia, perché lottando per vincere questa malattia, nella mia anima sorgeranno forze di amore, forze di volontà che altrimenti non avrei. Dunque la libertà è nell’anima e, detto in un modo semplice, sta nel fatto che io nella mia coscienza ordinaria, nella mia anima, ho la possibilità sia di stramaledire quanto mi capita, sia di vederlo e di realizzarlo in positivo. Questa è la libertà.

Se io fossi costretto a dire che è una bella cosa; se fossi costretto a farne il meglio, allora non ci sarebbe  libertà.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare: “Ma allora, se sono libero, lasciami imprecare quanto voglio contro questa malattia!”. Fallo pure … provaci! Ma se la vedi soltanto come qualcosa di negativo, se la vivrai in negativo, dopo ti ritroverai più povero di prima. Più povero di forze di volontà e di amore, e dovrai ammetterei che no, non era proprio una bella pensata quella di ribellarsi, sarebbe stato meglio se invece l’avessi vissuta in positivo …ma a quel punto lo spirito che fa? Una nuova malattia! Ci vuol poco a far ammalare il corpo; tenerlo sano è più difficile, ma ad ammalarlo ci vuole nulla.

In altre parole, lo spirito ha voluto questa malattia, l’anima ha poltrito, e lo spirito ne cerca un’altra!

È una logica così semplice, e convincente!

Prendiamo un altro esempio: un bambino si danneggia, la mamma ricorre a un castigo per amore, ma il bambino continua a far le bizze. Che cosa deve fare la mamma? Rincarare la dose! Le catastrofi naturali sono un rincarare la dose per un’umanità che con i bassi dosaggi non ha capito nulla. Perché se noi capissimo, se noi imparassimo, le dosi piccole basterebbero, invece la conduzione divina è costretta a far succedere un Fukushima …

Perché costringiamo la conduzione divina degli eventi umani a far succedere certe catastrofi? Perché con prove, con ostacoli minori noi poltriremmo soltanto. Allora l’unico modo che ha l’amore per svegliarci un pochino, senza ledere la nostra libertà, è quello di rincarare la dose.

Forse questo ci costringerà a svegliarci? No, la libertà non può essere una costrizione! Però chi è attento, chi ha un minimo di buon senso si può render conto che se siamo a questi livelli di interventi del divino, significa che abbiamo omesso il bene, che abbiamo perso colpi proprio a livelli straordinari… E allora diventa occasione per un ripensamento, per una riflessione, per dirsi: “no, qui va cambiato qualcosa!”

In Germania imperversa la controversia sull’energia atomica: certe persone di destra dicono che non si può avere l’energia senza un minimo di rischio. Come se mandare all’altro mondo, o riempire di radioattività migliaia di persone fosse un rischio residuale che bisogna prendersi! Così la regione del Baden-Württemberg è diventata ‘verde’. È una gran bella cosa! A due settimane dal disastro di Fukushima ci sono state le elezioni, e i verdi hanno avuto più voti dei socialdemocratici. È una cosa straordinaria, ma è anche la reazione a quella tragedia. La gente oggi comincia a pensare che non si può disattendere quello che la natura, o il divino, ci sta dicendo; sono messaggi enormi! E per la Germania, con la Francia accanto che ha un sacco di centrali atomiche, non sarà una cosa facile.

 

Torniamo alla domanda … ma allora, cosa faccio? Anzitutto evito il negativo; poi esercito il positivo, che è la convinzione dell’esistenza della realtà dello spirito. Tutto questo è un esercizio quotidiano, dal momento che viviamo nel materialismo ogni giorno. A questo serve la meditazione, per esempio: serve a rituffarsi ogni volta nella realtà dello spirito, a viverci dentro, perché l’uomo materialista si deve riconquistare questa realtà, per amore e per libertà. Lo spirito diventa reale e operante soltanto nella misura in cui ogni giorno scelgo di riconnettermi con lui. Solo così, nella mia anima, diventa sempre di più una realtà.

Sta alla mia libertà anche rendere creatore lo spirito – che è l’ambito più alto della realtà operante dentro la mia anima. Come posso, nella mia anima, fare spazio allo spirito che opera artisticamente, creativamente, sull’onda dell’amore?  Gli faccio spazio pensandoci, pensandoci e pensandoci ancora! Coltivando la scienza dello spirito, cercando una conoscenza di ciò che fanno gli Angeli o gli Arcangeli, per esempio. Cercando una conoscenza di ciò che l’uomo vive dopo la morte, quando il corpo è sparito e l’essere umano è puro spirito; e se, nella mia anima, mi confronto con queste esperienze che si fanno nel dopo morte, vi entra sempre più gioia perché in essa diventa sempre più reale, sempre più amata, la realtà dello spirito.

Lo spirito va conquistato per libertà e per amore da un essere umano che l’ha perso.

Doveva perderlo, è cosa buona che sia successo, perché se non avessimo perso la sua realtà, non avremmo la possibilità di riconquistarla per libertà e per amore. Uno spirito che c’è da sempre è scontato; per l’uomo è spirito soltanto ciò che egli conquista liberamente, individualmente, proprio perché lo ama, perché lo cerca. E se questa conquista richiede un da fare enorme, è in compenso il più bel da fare che ci sia, quello che dà più gioia.

Perciò il modo migliore per amare la libertà dell’altro è proporgli pensieri all’infinito: pur lasciandolo libero, lo fecondano, donando al suo spirito la possibilità di ampliarsi sempre di più.

Grazie a tutti.

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Leggi la prima parte.